Salute

Incontro con lo psicologo. Quarantena e alimentazione: cosa è cambiato?

Parola a Erica Boiano, psicologa tirocinante di Urgenza Psicologica Monza.

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In questo particolare momento le preoccupazioni di molte persone riguardano non soltanto il covid-19, le relative paure di contrarlo, l’isolamento imposto dal governo, il ritorno alla normalità e l’impatto sull’economia delle politiche adottate ma anche la propria alimentazione che per questioni emotive ha subito il contraccolpo della situazione socio-politica attuale e, conseguentemente, ha intaccato la forma fisica individuale.

Questo perché nonostante tutte le limitazioni agli spostamenti e il taglio di ogni attività superflua, non c’è stato una riduzione dei rifornimenti alimentati e la difficoltà del singolo individuo di muoversi per fare la spesa non è stata un ostacolo sufficiente per impedire a molte persone di riempire abbondantemente le proprie dispense e frigoriferi. Inoltre molti fattori psichici hanno influenzato il comportamento alimentare degli italiani: la noia, l’ansia, le disforie e tutti i problemi dell’umore che sono notoriamente associati alle condotte alimentari [1], hanno bussato alla porta di molte persone spingendole talvolta a sovralimentarsi, in casi più rari invece, ad una diminuzione dell’appetito. Molto spesso quindi si è trattato di un isolamento votato all’abbondanza alimentare e, soprattutto, sufficientemente prossimo all’estate da destare preoccupazioni riguardanti la linea. Tanto che anche molti fumettisti [2] si sono cimentati in meme e parodie riguardanti la sovralimentazione in quarantena/isolamento.

Non si può negare che la forma corporea e, più in generale, l’aspetto fisico possano impattare sulla vita delle persone in maniera significativa. In un tempo in cui molte cose, non più solo la fitness (nel senso di successo riproduttivo), ma perfino il successo scolastico o lavorativo orbitano in qualche maniera attorno al “bello”. Ed il bello, per la nostra società, è magro. Nonostante le speranze e i progetti di fare le vacanze al mare siano di giorno in giorno meno realistici, con la conseguenza che potrebbe non esserci una prova costume quest’anno, la preoccupazione rispetto al proprio e la propria forma fisica, sta riguardando molti.

Ma quando questa preoccupazione sfocia nella patologia dei ben noti Disturbi Alimentari (anoressia, bulimia, binge eating disorder)?

Trattandosi di vere e proprie patologie psichiatriche è bene lasciare a un professionista il compito di diagnosticarle, tuttavia le manifestazioni sotto soglia di questi disturbi sono più comuni di quanto si pensi: quando pensieri ossessivi nei confronti del cibo e preoccupazione costante di ingrassare prendono piede nelle vite delle persone e ne modificano significativamente il funzionamento psichico e sociale. Perfezionismo, desiderio di rivalsa e autoaffermazione, bisogni di riuscita o semplicemente di attenzioni o accettazione incondizionata sono i fattori correlati e, secondo alcune ricerche [3], i predisponenti allo sviluppo delle patologie alimentari.

Non è assolutamente atipico né “malato”, in sé e per sé, cercare di aderire a un canone estetico per cercare di piacere di più agli altri sperando, di conseguenza, di migliorare in questo modo la propria vita. Casomai ce la si può prendere con la rigidezza dei canoni estetici e la loro imposizione sociale variabilmente rigida. Considerando che sempre accadrà che gli umani cercheranno di raggiungere un’ideale, secondo alcuni, sarebbe bene agire per ridimensionare il canone estetico e la sua fattibilità, certo è che si andrebbe a incidere su un mercato troppo florido tra creme, integratori, palestre (che dir si voglia vengono frequentate per lo più per motivazioni estetiche e non di salute) e chirurgia estetica.

Le questioni su cui riflettere legate a questo fenomeno sono davvero molte a tutti i livelli, difficilmente condensabili in un articolo e, anche se affrontate con il miglior metodo, non porteranno a una formula per una qualche miracolosa “guarigione” o eradicazione del disturbo psichico legato al peso e all’estetica.

Si può provare a arginare il fenomeno agendo su fattori culturali predisponenti. A questo fine, può rendersi più utile un serio programma di educazione alimentare che insegni ad alimentarsi correttamente sfatando falsi miti cavalcati, o talvolta addirittura creati ad hoc, dall’industria della magrezza per vendere miracolosi prodotti dimagranti&co. Questo programma educativo dovrebbe comprendere questioni ad esempio: i carboidrati si possono mangiare senza ingrassare e, anzi, sono fondamentali per stare bene, nemmeno l’ingestione di zuccheri raffinati va demonizzata (quale eresia per un salutista!), è meglio mangiare in compagnia per creare relazioni positive tra i commensali ma anche col cibo,  la gratificazione attraverso l’alimentazione va bene ma non va portata all’eccesso altrimenti diventa un problema (che replica una dinamica similare a quella che si innesca nelle dipendenze: binge eating disorder).

A un programma educativo del genere non ci siamo ancora arrivati. Tuttavia, nel nostro privato, individualmente, possiamo cominciare a ragionare, se e quando sentiamo il desiderio di metterci a dieta, sul perché lo stiamo facendo. Anche se cercare di darci una risposta sincera può comportare un non semplice viaggio interiore attraverso angosce profonde.

[1] C.f.r. Anxiety symptoms and emotional eating are independently associated with sweet craving in young adults; Authors: Fernanda Rodrigues de OliveiraPenaforte, Maria Clara Santos Minelli, LucileneRezendeAnastácio, Camila Cremonezi, Japur (2019)

[2] Ad esempio Zerocalcare, c.f.r. Rebibbia quarantine ep.2

[3] Evaluating Associations Between Perfectionism, Emotion Regulation, and Eating Disorder Symptoms in a Mixed-Gender Sample; Authors: Joseph M Donahue, Erin E Reilly, Lisa M Anderson, Christina Scharmer, Drew A Anderson (2018)

Erica Boiano, psicologa tirocinante – Urgenza Psicologica Monza

Foto repertorio MBNews

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