Salute

Incontro con lo psicologo. Le complicanze del lutto in periodo di pandemia

Si stima che nelle prossime settimane si avrà un aumento dei disturbi psicologici dovuti alle conseguenze traumatiche della pandemia. 

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Si stima che nelle prossime settimane si avrà un aumento dei disturbi psicologici dovuti alle conseguenze traumatiche della pandemia. Alcuni disturbi sono il risultato di un’evoluzione dell’esposizione a eventi traumatici e stressanti, questi possono insorgere a distanza di mesi dall’evento traumatico come il disturbo post traumatico da stress, i disturbi dell’adattamento e i disturbi dissociativi. Per di più, è possibile che si manifestino alcune combinazioni dei sintomi basati sull’ansia e la paura con quelli appena menzionati.  Infine possono manifestarsi disturbi di tipo depressivo, legati all’esperienza della perdita di una persona cara.

Il lutto è un’esperienza dolorosa ma normale, nella maggior parte dei casi, di solito chi si confronta con la disgrazia di perdere una persona cara, entro circa un anno presenta una significativa riduzione della sofferenza e un miglioramento della qualità delle relazioni sociali. Gli esseri umani sono evolutivamente approntati all’accettazione della morte.

In alcuni casi, si può andare incontro ad una cristallizzazione di qualche reazione acuta al lutto che permane in una forma immutata e invalidante anche per anni. Ciascun lutto è unico ed ogni individuo sperimenta reazioni che sono personali nella forma, nell’intensità e nella durata, eppure i lutti sono simili, ciascuno di noi si aspetta che quando qualcuno perde una persona cara sperimenti stati come rabbia, confusione, disorientamento, irritabilità, momenti di intenso dolore, momenti di colpa, disinteresse per le attività che prima erano piacevoli e disinteresse per il futuro ma può essere intensamente doloroso e avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale. Circa uno su dieci adulti in lutto sviluppa disturbo da lutto persistente, che comporta intensi sintomi di dolore che durano per più di sei mesi dopo la perdita, difficoltà di separazione, pensieri intrusivi e sentimenti di vuoto o insignificanza.

In questi ultimi tre mesi i professionisti della salute mentale, come gli psicologi, si sono mobilitati ad ogni livello sia individualmente che attraverso i vari enti, dipartimenti e associazioni di volontariato. A livello regionale, per far fronte a questa nuova sfida per arginare gli effetti di medio e lungo termine sul benessere mentale della pandemia tra la popolazione. Gli psicologi del servizio Di Urgenza Psicologica hanno potenziato il servizio garantendo una maggiore disponibilità in termini di disponibilità, l’obiettivo è accogliere la sofferenza in un momento di crisi e facilitare l’accesso ai servizi sociali adatti presenti sul territorio.

La probabilità di un lutto complicato aumenta quando si tratta di lutti particolari, la letteratura scientifica a riguardo, menziona casi di genitori di bambini che muoiono in reparti di terapia intensiva, intuitivamente, la probabilità di uno sviluppo complicato sale con l’aumentare dell’età del figlio perduto. Oltre a complicazioni psicologiche, il lutto può essere associato ad una serie di esiti negativi, tra cui: mortalità per cause diverse tra cui il suicidio, sviluppo di patologie organiche, in particolare, aumenta l’incidenza di malattie di tipo cardiaco. I decessi dovuti a COVID-19 sono associati a fattori di rischio che possono portare a un disturbo da lutto persistente complicato, stress post-traumatico e altri esiti di lutto tra parenti, nonché a conseguenze  traumatiche anche tra il personale sanitario impegnato in prima linea.

Un ulteriore fattore di rischio per il lutto è la necessità di isolare i pazienti per controllare la diffusione del virus. Per i parenti, l’accesso limitato a un paziente e l’impossibilità di dire “addio” neanche attraverso il rito del funerale sono esperienze dolorose e angoscianti.

Tra i fattori che maggiormente predicono gli esiti negativi di un lutto ci sono quindi la mancanza di supporto sociale e l’isolamento. L’isolamento ha l’effetto di aumentare la gravità della perdita, dal momento che oltre alla persona amata si perdono altre fonti di conforto (amici e lavoro). Inoltre l’isolamento favorisce nelle persone intorno atteggiamenti di distanza che possono innescare circuiti relazionali che aumentano la rabbia “Gli altri mi evitano” e il senso di disistima personale “la gente non vuole frequentare chi ha avuto una disgrazia come me”. La mancanza di un supporto sociale rende difficile il trovare un senso da attribuire all’esperienza della perdita, in quanto si ha di più la sensazione di essere soli a subire una perdita così pesante e ingiusta, il confronto con gli altri rende possibile la regolazione delle emozioni e la normalizzazione delle espressioni del dolore e aiuta a dare un senso alla perdita. L’indisponibilità di altri con cui parlare della perdita può essere percepita come stigma o condanna e una conseguente inibizione dell’espressione della sofferenza, come piangere o solo parlare della persona scomparsa. Questo può indurre a sopprimere i propri stati interni (“Non mi deve mancare” oppure “Non devo pensarci”) con i relativi effetti paradossali come il pensarci costantemente. Tutto questo rende più difficile e duraturo il processo di accettazione dal momento che viene impedita l’esposizione delle emozioni connesse al lutto e alla interpretazione dell’evento che si ha nel confronto con un’altra persona.

Lo stigma sociale è un’area non bene esplorata. E’ possibile che, non solo chi ha subito un lutto, ma anche i pazienti dimessi debbano affrontare la stigmatizzazione e le difficoltà a reintegrarsi con le loro famiglie e la loro comunità. Inoltre, chi sta in prima linea ad arginare la diffusione del coronavirus come i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, può essere soggetto ai processi di stigmatizzazione. Negli ultimi mesi le cronache hanno spesso riportato episodi di discriminazione nei confronti di infermieri e sanitari percepiti come untori.

Una strategia per affrontare il tema come comunità è la diffusione e la condivisione di una nuova sensibilità culturale che accolga e consideri la sofferenza psicologica come un evento naturale; accettare la sofferenza significa innanzitutto, operare un cambiamento sociale ridefinendo i valori e le norme circa le relazioni sociali. Un elemento che determina l’instaurarsi di conflitti sociali durante il periodo lenta e cauta riapertura è pensare in termini di “noi-loro” o ancora peggio “io-loro”.

Per ciascuno di noi, un modo pericolosamente disfunzionale di affrontare la questione è l’evitamento.  Numerosi studi supportano la tesi che l’evitare situazioni, oggetti, persone, e pensieri, sebbene sia funzionale a diminuire l’ansia e dare una certa illusione di controllo, nel lungo periodo non fa altro che amplificare e complicare il problema con risultati disastrosi. Nel lutto, diverse ricerche hanno rilevato che l’evitamento è associato a esiti patologici, in quanto ostacola l’accettazione della perdita.

La nostra cultura ha originato una società che necessita di rituali per affrontare la perdita. Per questo, sembra essere necessario adattare le espressioni simboliche alle circostanze attuali. In quest’ottica risulta indispensabile la condivisione dell’esperienza come elemento socioculturale, una condivisione che abbia un luogo, un tempo e un riconoscimento del proprio ambiente sociale, così come l’importanza di ricevere gesti che favoriscano l’accoglienza e l’empatia. Tutto questo si potrà affrontare attraverso risposte adattive come  l’impegno attivo di tutti gli enti di salute e assistenza socio sanitaria, in modo da costruire una rete di esperienze multidisciplinari, che favorisca la restituzione ai cittadini dei riti funebri che da sempre hanno accompagnato la nostra cultura.

Filippo Rodà, volontario psicoterapeuta di Urgenza Psicologica Monza

 

Riferimenti bibliografici

A. Rainone, F. Mancini, 2018: “La Mente Depressa” Franco Angeli, Milano

E. Selmanet al , 2020 “Bereavement support on the frontline of COVID-19: Recommendations for hospital clinician”;  Journal of Pain and Symptom Management vol. 59 n. 6

M. Lundorff  et al; 2020, “Prevalenza del disturbo del dolore prolungato nel lutto degli adulti: una revisione sistematica e una meta-analisi”Journal of Affect Disorder , 212 ( 2017 ) , pp. 138 – 149

Foto repertorio MBNews

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