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A Monza riapre tutto, ma non il tribunale. la Camera penale: “La Giustizia è morta”

Riaperti i confini regionali e le frontiere nell’area Schengen, riprese tutte le attività commerciali, produttive, ludiche, ma il Tribunale rimane chiuso e la giustizia muore: il paradosso Monza.

Tribunale di Monza

Nel momento in cui tutto il Paese sta ripartendo, si incrementa la circolazione, si torna a frequentare negozi, ristoranti, bar, palestre, biblioteche e musei, il sindaco annuncia che il contagio sul territorio comunale è arrivato allo zero da giorni e che verranno riaperti gli Uffici, i centri civici e diurni anche per gli anziani, il Tribunale di Monza, sesto in Italia per importanza, pare non riuscire ad apprestare le misure necessarie a garantire al contempo tutela della salute ed esercizio dell’attività giurisdizionale e quindi rimane chiuso. “La Giustizia è morta”, reclama il direttivo della Camera Penale monzese, guidata dalla neo Presidente, Noemi Mariani.

“In una Città che è all’evidenza tutta aperta e pressoché in piena attività, la giustizia è ancora ferma e neppure è data un’indicazione su come si potrà mai recuperare un arretrato di mesi. Le cancellerie sono di fatto inaccessibili per gli utenti e per gli operatori del diritto, le udienze rinviate, l’ingresso alla struttura è vietato, salvo dimostrare alle guardie all’ingresso che si ha un motivo valido per entrare o un titolo autorizzativo messo per iscritto. La parola degli Avvocati che si presentano dicendo di essere lì per un’udienza o per un appuntamento non basta, non vale, bisogna dimostrare che è vera”, spiegano dal Direttivo.

Carenza di personale e inefficacia del lavoro agile

“Da ogni parte si lamenta la carenza del personale amministrativo, già sottodimensionato e rientrato in sede solo in minima parte in forza del disposto di cui all’art. 87 D.L. 18/2020 che prevede la modalità di lavoro agile come ordinaria nelle pubbliche amministrazioni. Nel settore della giustizia questa modalità però non funziona perché il personale non è autorizzato ad accedere ai sistemi informatici da dispositivi diversi da quelli ubicati in sede e quindi chi è a casa può fare pochissimo o nulla”.

“Le regole di contenimento, distanziamento, prevenzione ed igiene che in ogni settore hanno concesso la ripartenza, devono produrre lo stesso effetto anche all’interno del Tribunale perché è impensabile che il cittadino possa dare soddisfacimento alle proprie esigenze anche ludiche e di secondaria importanza, ma non abbia ancora il diritto a che la giustizia torni a essere amministrata da chi di dovere, cosa che peraltro pare invece stia accadendo – sia pure con tutte le difficoltà e le precauzioni del caso – presso altri Uffici giudiziari della nostra Regione e del nostro stesso Distretto di Corte d’Appello”.

“Le disposizioni presidenziali del 21 maggio che prevedono l’incremento del personale in presenza unicamente su base volontaria e per una sola giornata alla settimana a soggetto, paiono del tutto insufficienti a consentire la ripresa e non più coerenti con le condizioni epidemiologiche in atto nel Paese”, aggiunge il Direttivo.

La situazione non è più tollerabile

La situazione in cui versa il nostro Tribunale, casa di tutti coloro che ci lavorano e della cittadinanza intera, non è ulteriormente tollerabile: si chiede quindi che, anche qui come ovunque, si apprestino misure idonee a scongiurare il più possibile il rischio contagio, consentendo la riapertura e la ripresa. La giustizia e la sua amministrazione non possono continuare ad essere trattate come se fossero seconde rispetto a tutto il resto”, conclude la presidente.

Foto di repertorio MBNews

 

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