Sociale

Il ritorno alla Messa tra l’odore degli igienizzanti e la distanza sociale

Da lunedì 18 maggio si può tornare in chiesa. Don Luigi, parrocco di Nova Milanese: "I fedeli ci sono, ma la comunità non è al completo".

panca chiesa nova milanese

Guanti, mascherine, disinfettanti, accessi limitati e un metro di distanza tra una persona e l’altra. Entrare in Chiesa dopo il lockdown fa una certa impressione. I motivi sono diversi, forse i più evidenti sono la nuova disposizione “a scacchiera”, pensata per evitare i contatti troppo ravvicinati e l’assenza di quel profumo tipico, un mix di incensi e fiori freschi che adesso ha lasciato il posto all’odore dei gel igienizzanti. A ciò si aggiungono le sensazioni uditive: le raccomandazioni, le parole di conforto, gli inviti a mantenere la distanza, a non spostare le sedie ed evitare assembramenti. I fedeli ci sono, sono tornati, ma ancora la comunità non sembra essere al completo.

Il ritorno in Chiesa

Anche le Chiese abbracciano la “nuova normalità” della Fase 2 dell’emergenza COVID. Dallo scorso lunedì 18 maggio in Italia è consentito partecipare nuovamente di persona alle funzioni religiose, senza particolari limitazioni, ma nel rispetto delle misure di sicurezza pensate per prevenire i contagi. Le disposizioni prevedono che ai fedeli sia controllata la temperatura prima del loro ingresso in Chiesa, e che il numero dei partecipanti sia commisurato alla grandezza dell’edificio.

Le celebrazioni liturgiche sono ripartite anche in Brianza e il ricongiungimento della comunità dei fedeli ha significato per tante persone un ritorno al classico rito della messa della domenica mattina. Per sapere come è andata, abbiamo scelto di recarci alla Chiesa di S.Antonino Martire a Nova Milanese e abbiamo chiacchierato con Don Luigi, che in questi mesi ha cercato di stare vicino ai fedeli con ogni mezzo consentito.

«Quello che abbiamo vissuto è impossibile da descrivere a parole – ci racconta – tre mesi come quelli passati possono sconvolgere una comunità. E’ stata una sfida e ora il nostro compito è trovare una chiave per affrontare la ripartenza».

Una nuova vicinanza

«Non si può pensare che la paura sia scomparsa da un momento all’altro – ci spiega Don Luigi, che intervistiamo poco prima dei vespri della sera. – Le persone sono ancora ferite e probabilmente scosse da quello che è successo. Ma io sono fiducioso, nonostante tutto. In questi mesi non siamo scomparsi, abbiamo trovato invece mezzi alternativi per stare vicini a tutti coloro che si sono sentiti smarriti o semplicemente avevano bisogno del loro luogo sicuro. Il mio telefono era sempre a disposizione, ho tenuto i contatti con le famiglie e abbiamo lanciato sui social “Radio Campanile“, un momento di preghiera giornaliero su Facebook. Ho notato che è stato utile per tanti, e anche per me: mi ha fatto bene».

Don Luigi: “Un ritorno che aiuterà i fedeli”

«Io non so se il Coronavirus cambierà qualcosa nella comunità dei fedeli: so, però, che ha cambiato la vita di tante persone e che molti si sono rifugiati nella fede – prosegue. – La cosa più difficile in questi mesi è stata l’accompagnamento al lutto: la presa di coscienza, il dolore, l’impossibilità di salutare i propri cari o svolgere il rito del funerale, l’ultimo saluto. Nel mio piccolo ho cercato di stare vicino a queste famiglie ferite, ma penso che la strada per superare lo shock non sia ancora finita».

«Sono orgoglioso però di quello che la nostra parrocchia ha messo in piedi durante la quarantena. Come Caritas abbiamo consegnato 70/80 pacchi alimentari a settimana, un modo per stare vicini a chi era in difficoltà. E ora siamo tornati: con restrizioni, con cambiamenti, ma ci siamo. Il prossimo step sarà capire cosa faremo con gli oratori, da sempre un centro di aggregazione importante. Le modalità di partecipazione e interazione probabilmente saranno diverse, ma faremo di tutto per renderlo un momento bello e partecipato».

 

 

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