Salute

Incontro con lo psicologo: bambini e adolescenti nel nubifragio del Covid-19

Ecco alcune indicazioni della Dr.ssa Elisa Di Pierro di Urgenza Psicologica Monza per far fronte alla tempesta del Covid-19 in bambini e adolescenti.

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Era solo qualche mese fa quando, con piena libertà di movimento ci si spostava da un luogo all’altro, da una condivisione ad un’altra, del tutto assorbiti dal turbinio di un fare quotidiano, che quasi non lasciava spazi da colmare. Poi il Decreto ad inizio marzo con l’Ordinanza di RESTARE A CASA, evitando qualsiasi tipo di spostamento, se non per motivi di prima necessità, come lavoro inderogabile ed approvvigionamento alimentare; eccoci ritrovati in un lampo nella tempesta della Pandemia, una tempesta che mai avremmo immaginato.

COVID-19 è entrato nelle nostre vite con fare veloce e inaspettato, colorandosi delle caratteristiche di un vero e proprio Trauma con la T maiuscola. Il termine “trauma”, che deriva dal greco e significa “danno”, “ferita”, “lacerazione”, è impiegato per indicare le “ferite dell’anima”, ossia l’impatto violento e negativo che eventi stressanti hanno sulla vita dell’individuo, creando un grosso ed incisivo divario tra ciò che era “prima” e ciò che si è verificato “dopo”. La condizione che stiamo vivendo quindi può essere descritta come un evento traumatico, poiché ha determinato un impatto negativo sulla vita dell’individuo, segnando necessariamente una spaccatura nella quotidianità. La portata di ciò che è accaduto e sta ancora accadendo in termini di contagi, lutti, sofferenze, fa rientrare la condizione attuale nella definizione di disastro collettivo, e come tale deve essere considerata un trauma con la T maiuscola. Con l’aggravante che il dolore e il trauma, in questo caso, non fanno riferimento esclusivamente agli individui e alle famiglie (persone care malate), ma anche in modo più esteso alla comunità e al mondo intero. Un mondo che alla notifica dell’Ordinanza si è immediatamente mobilitato nella corsa al supermercato con obiettivo di grande spesa e l’utilizzo dei mezzi di trasposto per tornare al proprio paese d’origine; comportamenti dettati dall’istinto di sopravvivenza, che nei mammiferi e negli esseri umani è veicolato dal sistema rettiliano del cervello, predisposto a fronteggiare i segnali di pericolo. Forte l’impatto su ogni singolo individuo, con particolare attenzione ai genitori, che si sono ritrovati a gestire da soli in un lampo e per diverso tempo i propri figli, bambini e/o adolescenti.

I bambini sono vulnerabili così come gli adulti e hanno buone abilità nel fronteggiare situazioni difficili, purché supportati adeguatamente. Le reazioni a eventi traumatici possono essere molteplici e non c’è un modo giusto o sbagliato di esprimere il dolore e la preoccupazione. In momenti di pericolo, i bambini hanno bisogno di ricorrere alle figure di riferimento come porto sicuro ed è importantissimo che gli adulti possano trovare giusti canali per fronteggiare le proprie reazioni di stress, restituendo ai figli la sicurezza emotiva necessaria. In seguito all’esposizione a un evento critico i bambini possono provare numerosi stati emotivi: tristezza, colpa, rabbia, paura, confusione ed ansia dovuti anche al protrarsi della condizione di isolamento e allo sconvolgimento dei ritmi ordinari, così come difficoltà nelle interazioni sociali e tendenza a isolarsi o maggior bisogno di attenzione da parte del genitore o delle figure di riferimento. Possono anche sviluppare reazioni somatiche, come disturbi fisici (mal di testa, mal di pancia, difficoltà nel dormire, con risvegli, incubi frequenti oppure ipersonnia, difficoltà nell’alimentazione). Queste sono reazioni normali, soprattutto nella fase di cambiamento delle abitudini, con l’aggiunta della fatica che i bambini possono presentare nel distaccarsi dalle figure di riferimento, visto il timore possa accadere loro qualcosa di brutto, come ad es. morire. Come gestire questi aspetti?

Importante dire loro la verità attenendosi ai fatti, usando parole semplici e adatte all’età: i bambini sono osservatori attenti e si preoccupano di più se percepiscono incongruenze; non dilungarsi sulla dimensione o sulla portata degli eventi, in particolare con i bambini piccoli; non sovraesporli a dettagli traumatici e lasciare molto spazio alle domande. Ricordare che ci sono persone fidate che si stanno occupando di risolvere le conseguenze dell’evento e stanno lavorando per assicurare che non avvengano ulteriori problemi di questo genere; illustrare ai bambini che si trovano ora al sicuro e che anche gli altri adulti importanti della loro vita lo sono. Dimostrare un atteggiamento di disponibilità, vicinanza fisica cercando di parlare con voce rassicurante e fargli sapere che sentirsi sconvolti, avere paura o essere preoccupati è normale. Spiegare che tutti i sentimenti vanno bene e che anche gli adulti possono avere reazioni emotive dopo un evento così inaspettato; a creare disagio non è l’espressione delle emozioni, bensì la loro soppressione.

In questo modo i bambini avranno un modello di riferimento, impareranno che possono fidarsi dei genitori e che potranno comunicargli i loro stati emotivi. Cosa importante è non lasciare i bambini da soli davanti alla TV o alla radio, mentre si vedono trasmissioni che riguardano l’evento; non negare la possibilità di vedere le notizie, ma scegliere un momento durante il giorno o dieci minuti per consultare insieme (selezionando prima le notizie), stando accanto e spiegando esattamente quanto si sta guardando ed ascoltando. Concentrare l’attenzione sui dettagli più rassicuranti (ad esempio i medici che stanno aiutando) e dare, in seguito, tutto il tempo necessario affinché il bambino possa fare domande.

Gli adolescenti si ritrovano invece in una fase evolutiva differente, caratterizzata da un costante fluttuare tra un polo di vicinanza col genitore ad uno di distacco ed autonomia. Gli adolescenti si annoiano facilmente, perché il loro cervello è predisposto ad esplorare ed hanno bisogno di appartenere ad un gruppo per definire la loro identità. Con questa tempesta e l’isolamento sociale i ragazzi sono stati messi fortemente a dura prova, sentendosi quasi minacciati nel loro Essere ed i genitori si possono essere sentiti smarriti nel non comprendere i loro bisogni. Nel periodo di quarantena l’adolescente si é ritrovato a rinforzare il legame con la famiglia rispetto al legame col gruppo dei pari, tanto che, trovandosi un po’ perso, ha più volte scelto di restare solo in camera propria, anche come forma di ribellione alla tempesta. Dinamiche queste, che chiedono alle figure di riferimento di essere per i propri figli una valida risorsa di supporto, sia per la vicinanza, che per la spinta all’autonomia. Come muoversi quindi?

Un primo passo con gli adolescenti è sicuramente quello di rispettare gli spazi individuali in cui poter stare e sentire, aiutarli a condividere le emozioni per non sentirsi soli in ciò che si prova, senza riempirli di domande, ma parlando di sé come genitore e normalizzando i vissuti di noia, apatia, piuttosto che di angoscia. Stimolarli a programmare le attività quotidiane per stabilire e mantenere un ritmo, anche in condivisione con la famiglia (come i momenti dei pasti, i lavori di casa, l’utilizzo di alcuni social per attività di gioco insieme, permettendo ai figli di fare da guida); la programmazione è orientata al mantenimento di una certa regolarità e fonte di sicurezza. Essenziale è anche dargli lo spazio e il tempo per praticare attività fisica, come scarica alla pressione del giorno e del momento storico; attività indirizzate alla scoperta ed utilizzo di nuovi canali di espressione di sé in ambiente domestico condiviso, necessari anche alla produzione di endorfina, ormone del piacere, che mantiene l’umore a livelli funzionali. Il genitore diventa fondamentale per trovare un equilibrio tra la vicinanza e l’autonomia, tra la ricerca di un dialogo ed il rispetto della privacy del ragazzo, al fine di promuovere una sintonizzazione ottimale. All’ambivalenza mostrata dall’adolescente rispetto al proprio bisogno di accudimento e il desiderio di indipendenza, deve corrispondere un atteggiamento genitoriale volto ad offrire l’opportunità di contatto e di negoziazione della vicinanza/lontananza.

Far fronte alla tempesta del COVID-19 col suo susseguirsi di fasi e differenti limiti, è impresa ardua e complessa, ma anche peculiare opportunità di allenare e sperimentare le proprie capacità di adattamento e resilienza in FAMIGLIA; famiglia come porto sicuro in cui poter approdare nel tempo necessario al placare della bufera e come porto sicuro da cui poi ripartire per ri-esplorare il mondo.

Dr.ssa Elisa Di Pierro di Urgenza Psicologica Monza

Foto repertorio MBNews

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