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Coronavirus: anche i farmacisti in prima linea, tra paura e dovere

In piena emergenza Coronavirus i farmacisti sono in prima linea senza le opportune protezioni. Il racconto di una farmacia, tra paura e dovere. Mandelli: "Abbiamo chiesto i dpi il 24 febbraio".

Farmacia

In questa dura battaglia che è la pandemia di Coronavirus, in prima linea insieme a medici e infermieri, ci sono i farmacisti, l’altra faccia della sanità sul territorio. Sono gli angeli dei cittadini più anziani e di quelli più fragili, sempre alla cerca di un consiglio o un aiuto per trovare un farmaco magari irreperibile.

Oggi più che mai, sono impegnati alla ricerca di mascherine, gel disinfettanti, antibiotici, antireumatici, e poi ancora ossigeno per chi sta curando il virus al proprio domicilio. Ogni giorno, dietro al bancone, in molti casi protetto da un pannello in plexiglas, e sotto alle mascherine, nascondono sempre lo stesso sorriso, nonostante dentro di sé vivano la stessa paura che oggi abita l’animo di ognuno di noi. E’ proprio a loro che ci siamo rivolti, per dare voce ai loro racconti e anche alle loro rimostranze. Dall’altra parte, Andrea Mandelli, il presidente dell’Ordine dei Farmacisti, che ha spiegato quanto abbia cercato di agire subito, alle prime avvisaglie, con tempestività, per fornire ai colleghi i presidi di protezione necessari.

Che impatto ha la paura del contagio a fine giornata? Quanto è cambiato il vostro modo di lavorare?

“La paura del contagio non si presenta a fine giornata stranamente, ma la mattina presto prima di uscire, poi la natura del lavoro che svolgo da anni la stempera, e sono di nuovo io. Il nostro impiego è assai cambiato dal punto di vista organizzativo, la mia squadra ha serrato i ranghi, abbiamo riorganizzato i ruoli: due farmacisti al banco, due persone per volta in farmacia. Durante la vendita, chi è al banco sanifica tutto ciò che tocca o è toccato, inclusi bancomat, tessere sanitarie e contanti, con quadrati di scottex e disinfettante. Spieghiamo come ci si deve comportare con la mascherina e coi guanti monouso (che tali devono rimanere)”, spiega una farmacista di quartiere di Monza.

“Ad ogni cambio di cliente vengono igienizzati il piano di lavoro, la tastiera, il mouse e lo schermo. Gli altri farmacisti si occupano di rispondere al telefono, rassicurano, raccolgono gli ordini, li allestiscono e suddividono. La città è stata organizzata in quadranti per la logistica delle consegne, che sono effettuate in un arco temporale di due /quattro ore. Uno di noi è vicino alla porta e regola gli accessi. Cerchiamo gli sguardi dietro le mascherine, le sciarpe, i fazzoletti e vediamo la paura: poi si diluisce, torna la fiducia, un sorriso da parte nostra e tutto va meglio”.

Avete ricevuto direttive su come lavorare e come proteggervi? E come siete corsi ai ripari?

“Direttive ne abbiamo ricevute sì, ma le farmacie non sono tutte uguali e ciascuna adotta i protocolli nel modo migliore che può. Avremmo preferito che la nostra Federazione, invece che mandarci Pdf da stampare ed esporre in Farmacia, ci avesse aiutato nella giungla delle mascherine: non solo per averne per voi e per noi, ma per sapere quali utilizzare e come usarle”.

E a proposito proprio delle mascherine, qual è la situazione reale? Perché alcuni scelgono di venderle a prezzi folli?

“I prezzi sono folli perché folli sono i prezzi a cui vengono acquistate: il ricarico di un esercizio deve permettere di coprire almeno i costi di impresa”.

Quali altri prodotti sono completamente sold out oltre ai gel disinfettanti?

“I gel disinfettanti sono scomparsi, come anche l’alcool e con loro qualunque tipo di disinfettante al cloro per gli oggetti e per la casa”.

Come sono i clienti di oggi rispetto al periodo pre-Covid-19? Quale categoria è maggiormente travolta dalla paura?

“I clienti tutti, senza distinzione, sono come cerbiatti, entrano abbagliati dai plexiglass, dietro il quale siamo barricati: camminano e non si guardano attorno, abbiamo infatti messo per questo dei palloncini perché non sanno dove dirigersi e inciampano nella transenna di raso rosso che serve a non farli avvicinare troppo al banco. Sembra non esserci più l’empatia solidale del farmacista di quartiere, ma è solo apparenza, poi si rompe il velo e tornano a casa più sereni”.

E’ vero che molti anziani si recano in farmacia per fare due passi e poter scambiare qualche parola con qualcuno?

“La prima settimana effettivamente gli anziani spaventati, sono venuti spesso per micro acquisti e/o solo per parlare con noi, qualcuno lo abbiamo convinto con dolcezza, qualcuno’altro (un po’ zuccone) con modi un po’ più decisi. Era comprensibile che venissero spesso, più del necessario, perché l’isolamento faceva paura, ma quando hanno compreso che lo stare in casa è la cura, sono diventati molto più disciplinati”.

I farmacisti, un po’ come i medici e gli infermieri, sono in trincea in questa dura battaglia. Vi sentite abbandonati dalle istituzioni?

“Ci sentiamo molto abbandonati dalle Istituzioni di Categoria, ma a rifletterci bene, in questi ultimi 20 anni è sempre stato così. Mi sono abilitata nel lontano luglio del 1982 ed eravamo un fronte unito, i farmacisti erano una categoria compatta e solidale e avrebbero affrontato questa emergenza come una sola mente e un solo corpo”.

Vi è capitato di dover gestire situazioni particolarmente complicate legate a questa emergenza sanitaria?

“Situazioni complicate ogni giorno ne abbiamo: per questo lavoriamo anche fuori orario, chi per allestire le consegne a domicilio, chi per controllare che non ci siano stati errori”.

Qual è il vostro messaggio, oggi?

“Il nostro messaggio di oggi è che ognuno deve svolgere il compito a cui è chiamato e per molti il compito importantissimo è quello di stare in casa… Insieme ce la faremo”.

 

Mandelli: “Abbiamo agito immediatamente”

Quella dei farmacisti è una battaglia giornaliera. Di fatto sono in trincea senza protezioni e a contatto con potenziali contagiati. Da presidente dell’ordine dei farmacisti qual è la sua posizione sulla categoria che rappresenta?

“Noi già il 24 febbraio, abbiamo chiesto al Ministero di dotare immediatamente i farmacisti delle protezioni individuali, affinché potessero continuare a svolgere il loro prezioso lavoro in sicurezza. E’ ovvio che il problema è di carattere nazionale: ci sono state enormi difficoltà a reperire questi dispositivi e ancora oggi dopo 40 giorni la carenza è persistente. Non è che gli ordini non si siano presi carico del problema, il fatto è che nel nostro Paese non abbiamo una produzione consistente di questi prodotti e acquistarli all’estero in piena pandemia è stato, come prevedibile, pressoché impossibile. In considerazione di ciò il Governo ha deciso di correre ai ripari emanando un dpcm che prevedeva incentivi a fondo perduto per tutte quelle aziende che avrebbero scelto di modificare la propria linea produttiva in favore dei dispositivi di sicurezza”.

“C’è stato poi chi è riuscito a ordinare materiale dall’estero, ma ha visto i propri ordini bloccati in dogana. Purtroppo al momento non riusciamo a rifornire a sufficienza nemmeno gli ospedali, è una situazione di reale emergenza, non c’è né dolo, né tantomeno mancanza di volontà di trovare una soluzione. Quello che ho potuto fare è sollecitare nuovamente, dopo la tempestiva lettera del 24 febbraio, la distribuzione di dpi per tutti i farmacisti in prima linea”.

L’ordine è intervenuto contro gli sciacalli dell’ultima ora?

“Molti farmacisti, a un certo punto, si sono sentiti in dovere di rispondere a una domanda sempre più pressante dei clienti di poter acquistare mascherine. Per quanto poc’anzi spiegato, l’unica soluzione a loro disposizione è stata quella di acquistare da rivenditori non abituali, che si sono approfittati della grave situazione di emergenza, vendendo le mascherine a prezzi fuori dal normale. E’ chiaro che poi il farmacista, per avere un minimo di guadagno, ha dovuto a sua volta metterle in vendita a prezzi esorbitanti, passando ingiustamente per sciacallo. Ciò non vuole dire che non ci siano in giro i furbetti, come del resto si trovano in tutte le categorie. Nella stragrande maggioranza dei casi però, i farmacisti si sono trovati strangolati da prezzi proibitivi”.

“Io mi sono occupato di fare al massimo il mio lavoro, ho cercato di dare l’ossigeno a Bergamo e a Brescia, gli anestetici ai miei farmacisti ospedalieri e ancora gli antibiotici, gli antireumatici. Sarà compito della Polizia intercettare gli sciacalli”.

Molti si sentono abbandonati e con il fardello di un ruolo molto importante, soprattutto in lombardia, dove di fatto spesso si sostituiscono ai medici di base che non visitano più nessuno. Come vede la scelta di Fontana di introdurre sul territorio le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA)?

“Ritengo che l’idea del presidente Fontana sia ottima. Noi dobbiamo imparare da questa tragedia, per poi domani andare a potenziare la rete di assistenza sul territorio, in cui i farmacisti e i medici di medicina generale dovranno assumere un ruolo di rilievo”.

Dispositivi di protezione anche ai farmacisti

Intanto finalmente qualcosa sembra essersi mosso. “Ringraziamo il Commissario straordinario per l’emergenza, dottor Domenico Arcuri, e con lui la Protezione Civile, il Ministero della Salute e il Governo, per aver previsto la distribuzione anche ai farmacisti delle mascherine di protezione”, ha dichiarato il presidente della FOFI, Andrea Mandelli, lo scorso 31 marzo.

“E’ un provvedimento che abbiamo richiesto fin dal 24 febbraio, sottolineando ogni volta che i farmacisti, nel territorio e negli ospedali, continuavano a operare direttamente esposti al contagio. Lo prova il pesante tributo che la nostra professione ha pagato in queste settimane in termini di numero di contagiati e, in alcuni tristi casi, di decessi. Ci auguriamo ora – ha concluso Andrea Mandelli  – che la distribuzione dei presidi cominci al più presto come indicato oggi dal Commissario. I farmacisti  sono un anello fondamentale dell’assistenza e la sola garanzia per i cittadini di accedere ai medicinali di cui hanno bisogno, e non si può permettere che questo servizio venga compromesso”.

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