Attualità

Coronavirus, i medici lombardi attaccano la Regione e la gestione dell’emergenza

La Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha inviato una lettera all'assessore Gallera: "Disastrosa la gestione della pandemia Covid-19."

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In questo girone infernale che è l’epidemia da Covid-19, la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, riunitasi in data 05 aprile, ha inviato una lettera, firmata anche dal presidente della provincia di Monza e Brianza, Carlo Maria Teuzzi, all’assessore Gallera. 

Forse il momento non è dei più opportuni, dato che siamo ancora in piena emergenza, tant’è che i medici premettono: “Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi”, si legge in apertura della missiva.

Toni duri sulla gestione della prima fase della pandemia e proposte rigide per il controllo della fase 2. Di seguito il testo completo di quanto è stato chiesto alla Regione.

Assenza di strategia nella gestione del territorio

“Ricordiamo in generale come, a fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari, sia risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio“.

A riguardo la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri porta alcuni salienti esempi:

“1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.

2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio.

3) La gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese).

4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul
territorio a malati e contatti, etc…).

6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.

7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.

E’ un’emergenza di sanità pubblica

Per la Federazione, “La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto a realtà regionali vicine, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione.
La situazione al momento risulta difficile da recuperare, ma si vogliono riportare alcune indicazioni, che, a detta della scrivente Federazione, potrebbero, se attuate, contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività, prevedibile nel medio-lungo termine”.

Strategie per la fase di ripresa

Oggi si pone un altro importante scoglio da affrontare, quello della fase 2. “Per quanto riguarda gli operatori sanitari la proposta è di sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza anticorpale (IgG e/o IgM), sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi”.

“Per quanto riguarda le attività non sanitarie sembra raccomandabile un’estesa effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto con il virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro. Per i soggetti nei quali si rileva la presenza di immunoglobuline (IgG o IgM) sembra indicata l’esecuzione del tampone diagnostico. In tal senso si raccomanda di potenziare al massimo tale attività diagnostica e di procedere prima a indagare i soggetti che risultano urgente riammettere al lavoro, in quanto addetti ad attività ritenute di prioritario interesse, in funzione della disponibilità di tamponi”

La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico rapido di screening, non risultando in letteratura alcun termine temporale valido per la quarantena post malattia, anche se decorsa in forma paucisintomatica”.

“E’ evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza”.

“A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili. Naturalmente quanto sopra dovrà essere accompagnato dall’uso costante, per tutta la popolazione e in particolare nei luoghi di lavoro, di idonei comportamenti e protezioni. La ripresa potrà quindi essere solo graduale, prudente e con tempi dettati dalla necessità di mettere in campo le risorse sopracitate. E’ superfluo segnalare come qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare e come le misure di isolamento sociale siano da potenziare e applicare con assoluto rigore”.

Attendiamo oggi la replica di Regione Lombardia.

Foto di repertorio MBNews

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