Economia

Post Pandemia, come cambierà il mondo dei Freelance e dei coworking. Le anticipazioni di Dario Albini.

Per approfondire il mondo dei lavoratori freelance abbiamo intervistato Dario Albini.


Il viaggio alla scoperta della Fase due continua. Dopo settimane di isolamento, in cui la salute è stato il primo pensiero e la prima grande preoccupazione stiamo tutti iniziando a pensare in modo concreto al momento in cui usciremo dalle nostre case e torneremo nel mondo. Un mondo che, è inevitabile, troveremo sotto tanti aspetti cambiato rispetto al mese di febbraio. Un mondo da una parte ferito ma dall’altra parte rinnovato. Un mondo da conoscere per poterci iniziare a vivere in modo attivo, soprattutto dal punto di vista lavorativo.
Per questo abbiamo voluto iniziare un viaggio alla scoperta dei diversi settori economici e industriali per ipotizzare come li troveremo trasformati quando avrà inizio la Fase Due. Grazie a delle interviste ad alcuni tra i massimi esponenti brianzoli dei diversi ambienti abbiamo analizzato quanto è accaduto in queste settimane di pandemia e abbiamo provato a ipotizzare quello che troveremo quando usciremo dalle nostre case.
Per approfondire il mondo dei lavoratori freelance abbiamo intervistato Dario Albini, milanese di nascita, ha vissuto per diversi anni in Brianza dove ha studiato diplomandosi al liceo Artistico Preziosissimo Sangue di Monza. Albini è un art director freelance con 20 anni di esperienza nel settore del design e della comunicazione strategica. Si occupa di consulenza a freelance e PMI ed è il fondatore di The Freelancer’s Island (clicca qui) il primo coworking per creativi d’Italia e di Atabaliba Studio (clicca qui), premiata agenzia di web design. Inoltre è  docente presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. 

1. Come hanno reagito i freelance a questa pandemia? 

I freelance, al netto delle difficoltà che tutti hanno patito durante questo periodo, hanno reagito bene alla pandemia. Questo perché sono una delle tipologie professionali meglio equipaggiate per il lavoro da remoto, sia per le competenze culturali sia per quelle operative.

In primo luogo sono già abituati a lavorare per obiettivi e a organizzare in maniera autonoma tempo e priorità, che sono i due ingredienti essenziali per effettuare il lavoro da remoto con successo.
Oltretutto sono due competenze difficilmente improvvisabili dall’oggi al domani, perché necessitano tanto di una conoscenza di se stessi e del proprio funzionamento, quanto di un certo grado di studio e pratica per poter essere padroneggiati efficacemente.

In secondo luogo la maggior parte dei freelance è già abituata a lavorare da casa, cosa che, senza ombra di dubbio, e la quarantena ce lo sta dimostrando, non è una tipologia di lavoro ottimale. Lo sforzo cognitivo necessario per trovare concentrazione e produttività tra le mure domestiche è tutt’altro che ideale.
La cosa migliore per avere un’alta performance lavorativa e un’alta qualità di vita sarebbe mantenere sempre separati luogo di lavoro e spazio personale.
Nonostante ciò la pratica del lavoro da casa è molto diffusa tra i freelance e nel corso del tempo ci sono diverse tecniche che possono essere imparate e applicate per trovare un proprio equilibrio.

In terzo luogo ci sono delle competenze di approccio mentale che i freelance sviluppano implicitamente al proprio lavoro: resilienza e adattabilità.

I liberi professionisti, per loro stessa natura, sono abituati a vivere in situazioni liquide, che richiedono un alto grado di adattabilità e sono una delle figure meno tutelate dallo stato, quindi col tempo sviluppano per forza una notevole familiarità alla gestione delle difficoltà di vario genere.

 

2. Secondo te saranno in tanti a riconvertirsi al lavoro autonomo per scelta o per necessità?

Certo. Il trend europeo pre pandemia era di +4% annuo, percentuale che in Italia é probabilmente maggiore. L’aumento dei liberi professionisti è un trend globale.

Quello che prevedo succederà dopo la pandemia sarà che le aziende si accorgeranno non solo delle possibilità del lavoro da remoto, ma anche e più profondamente che una nuova modalità di lavoro basata non più sulla necessità di presenza fisica sul posto di lavoro, ma sugli obiettivi esiste e funziona. È il cambio progressivo di un paradigma lavorativo.

Seguendo questo andamento, naturalmente, si aprirà un mercato nuovo per tutti quei professionisti in grado di offrire  servizi di questo genere alle aziende. Molti dipendenti potranno diventare dei consulenti esterni della propria azienda e iniziare, se lo desidereranno, una carriera come liberi professionisti.

Coloro che sono già dei freelance da tempo, forti delle già acquisite capacità culturali, mentali e operative nella gestione del lavoro di questo tipo, vedranno aumentare il proprio valore agli occhi delle aziende.

 

3. Quali consigli ti senti di dare ai professionisti che si avventurano per questa strada per loro nuova?

Ecco 7 consigli operativi per chi inizia.

1. Acquisire informazioni per creare delle competenze a forma di T: ovvero molto profonde e specializzate in un campo e ampie su tutti gli altri ad esso collegati.
2. Costruire relazioni.
• Sono il motore della libera professione, inoltre solo una parte delle competenze per fare il freelance si acquisiscono sui libri, tutto il resto arriva dall’esperienza e dal confronto con chi ci è già passato.
3. Considerarsi sempre il proprio primo cliente.
• Per intenderci l’esatto contrario del proverbiale calzolaio che va in giro con le scarpe rotte, è necessario mettere in cima alla scala delle priorità lo sviluppo della propria impresa.
4. Considerarsi un’impresa sotto ogni punto di vista, in particolare nelle gestione delle finanze.
5. Abituarsi ad avere quotidianamente una sessione di 60 o 90 minuti di lavoro profondo ininterrotto.
• In un mondo sempre più distratto, la capacità di concentrazione è un vantaggio competitivo immenso, inoltre è essenziale uno spazio per concepire i propri grandi pensieri e le pianificazioni di lungo periodo.
6. Lavorare in un luogo di lavoro idoneo.
• Questa è la base operativa. Un luogo di lavoro separato da dove si vive porta due enormi vantaggi: un aumento eccezionale della produttività e della qualità generale di vita e, qualora lo spazio fosse condiviso con professionisti simili, la preziosa opportunità di fare networking quotidianamente senza alcuno sforzo (vedi punto 2!).
7. Usare il teorema di Boccioni: se si vuole diventare un grande pittore, non dedicare mai l’intera giornata all’impresa, ma solo la prima metà. Nella seconda metà raccontare a tutti che lo si sta facendo. Tradotto in termini moderni: comunicazione, p.r. e personal branding.

 

4. Per quanto riguarda invece i coworking cambierà qualcosa? Come vedi la loro riapertura (distanziamenti fisici, sanificazioni ecc).

Sotto la voce coworking si indicano una moltitudine di spazi con caratteristiche molto differenti tra loro: dai mega coworking con centinaia di postazioni, a bar e locali che permettono di lavorare mentre si consuma, a coworking dedicati a nicchie di professionisti specifiche. Per tutti coloro che propongono il tipo di coworking fatto di grandi tavoli comuni e molto affollamento,  (principalmente le prime due tipologie) la fase della riapertura non sarà semplice per via della necessità di distanziamento sociale.

Per gli altri spazi invece, che hanno puntato fin da subito sulla qualità i propri utenti, offrendo postazioni e spazi personali più ampi e dedicati, la transizione sarà meno difficile perchè le postazioni quasi sempre rispetteranno già, le regole che sembra al momento diventeranno esecutive nelle prossime settimane.

Passata poi questa fase, penso che arriverà un boom per tutti i tipi di coworking.
Il motivo è proprio per via del trend che abbiamo discusso prima:

• Molte più aziende ricorreranno allo smart working
• Molti più professionisti si sono accorti delle possibilità del lavoro da remoto
• E specialmente, la quarantena ha insegnato che lavorare da casa non è gran scelta.

5. In Brianza è una realtà presente quella dei coworking?

Sì, la Brianza, per via del tessuto produttivo e del tipo di cultura imprenditoriale, è stata una delle zone d’Italia che ha recepito per prima e più velocemente la filosofia del coworking, sapendola adattare piuttosto bene alle caratteristiche del proprio territorio. Il limite maggiore che vedo al momento è che c’è ancora un’abitudine da parte delle aziende a concepire il lavoro legato alla presenza fisica in un luogo di lavoro.
Dopo la pandemia è però molto probabile che questa mentalità inizi a cambiare.
Via via che tutti i datori di lavoro e i singoli professionisti si renderanno conto dei vantaggi del lavoro decentrato e per obiettivi, anche la cultura brianzola legata all’idea del lavoro in un luogo fisico, cambierà.
L’abitudine all’intraprendenza farà poi il resto e immagino un diffondersi di coworking anche in centri minori e di dimensioni più contenute, mentre al momento il tessuto brianzolo offre coworking concentrati per lo più nei centri maggiori.

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