Skype, WhatsApp e aule digitali: come cambia la didattica ai tempi del Coronavirus

Scuole chiuse fino al 15 marzo. Ma le lezioni si fermano davvero? Interviste a professori e studenti della Brianza.

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Cosa ci ha portato il Coronavirus? Paura, incertezze e un pò di psicosi collettiva, dobbiamo ammetterlo. Ma forse non tutto il mal viene per nuocere. Sì, perché il mondo del lavoro e della scuola in queste giornate di stop obbligatorio si stanno interrogando su come la tecnologia possa essere sfruttata in modo positivo anche (e forse soprattutto) in casi di emergenza.

La redazione di MBNews si è confrontata più volte con il mondo del lavoro: in queste due settimane abbiamo chiesto agli imprenditori che cosa volesse dire fermarsi per un periodo indefinito e abbiamo parlato di smart working, quel “lavorare da casa” che può funzionare se coesiste un patto di fiducia e un rispetto delle regole tra datore di lavoro e lavoratore.

Oggi, nel mezzo della seconda settimana di pausa e dopo l’annuncio della proroga della chiusure delle scuole fino al 15 marzo, parliamo invece di come le scuole del territorio hanno ripensato la didattica e le modalità di insegnamento, cambiando abitudini e prospettive. Il panorama, come spesso accade, è variegato, ma da più voci arriva la stessa considerazione: la tecnologia ha permesso una risposta al problema senza precedenti. Abbiamo intervistato docenti e studenti di alcuni scuole superiori brianzole per saperne di più.

Le testimonianze dei docenti

“Gli strumenti ci permettono di cambiare il modo in cui facciamo lezione – ci racconta Giovanna Salatino, Vicepreside del liceo Giuseppe Parini di Seregno. – La svolta per noi è stato il registro elettronico: all’interno del portale “Classe Viva”, abbiamo attivato una funzione che si chiama “Aule Virtuali” che ci permette di postare materiali testo, audio-visivi e file di ogni genere. Sarebbe una funzionalità extra a pagamento, ma il governo ha deciso di fornirla alla scuole in modo gratuito”.

“Il corpo docente non è tutto uguale – prosegue la Vicepreside – e quindi abbiamo deciso di lasciare ai docenti la massima libertà su come trasmettere ai ragazzi i contenuti. C’è chi fa dei video multimediali, chi invita allo studio di determinati argomenti, chi fornisce esercizi da svolgere singolarmente. Da parte dei genitori c’è interesse: ci hanno contattati per sapere come comportarsi in questa situazione e noi abbiamo dato loro delle risposte. La parte più difficile, secondo me, è che non sappiamo fin quanto durerà tutto questo e tutta la nostra programmazione ne risente”.

Anche il Liceo Iris Versari di Cesano Maderno si affida al digitale per le comunicazioni agli studenti. “Ci sono arrivate indicazioni su come svolgere l’attività didattica dal 2 al 7 marzo – racconta un docente. – Tutto è riportato nella sezione “Agenda” del registro elettronico. Ci è stata data la massima libertà sulle modalità di trasmissione dei contenuti, che potevano arrivare sotto forma di video o di semplici link di letture. Adesso che la chiusura però è prorogata penso che arriveranno altre indicazioni, probabilmente più specifiche. Con i ragazzi ci si organizza anche con gruppi WhatsApp: so che loro si sentono lì e per noi docenti diventa più facile la comunicazione con tutta la classe”.

“Una chiusura a tempo indeterminato – esordisce il Professore Giovanni Missaglia, del liceo classico Zucchi di Monza. – Penso che nessuno di noi sia realmente preparato a quello che sta accadendo, ma ci stiamo attrezzando per gestire la situazione. In queste due settimane abbiamo utilizzato il registro elettronico, che non è un semplice registro, ha tante funzionalità. C’era chi postava video, chi semplici link, chi dialogava con i ragazzi tramite applicazioni di video-conferenza, come Skype. Non è semplice, perché il corpo docente è molto vario e c’è chi ci crede di più e chi ci crede di meno nell’uso della tecnologia nella didattica. Fino ad adesso abbiamo considerato la tecnologia come un qualcosa che integrava il nostro lavoro in classe; ora che in classe non ci siamo più, in qualche modo ci sostituisce. Le difficoltà ci sono, ma si è dimostrata una grande sensibilità sia da parte degli insegnati sia da parte dei ragazzi. Insomma, stiamo tirando fuori il meglio”.

La parola agli studenti: come sta andando?

La parola, adesso, a chi sta dall’altra parte della cattedra. Abbiamo chiacchierato con Mattia e Riccardo, del liceo scientifico Paolo Frisi di Monza.

“Abbiamo ricevuto compiti da tutti i professori – ci racconta Riccardo, 18 anni. – Via Skype, invece, non abbiamo ancora fatto niente, né interrogazioni né spiegazioni. Penso che organizzare lezioni via Skype con alcuni professori sarebbe difficile, vista le difficoltà con gli strumenti più tecnologici. Questo è un peccato perché potenzialmente potrebbe essere utile. Complessivamente, però, penso sia stata gestita abbastanza bene, per i mezzi che avevamo a disposizione. Anche il carico di lavoro è complessivamente adeguato”.

“Per ora nella mia classe ci è stato assegnato solo del lavoro individuale – aggiunge Mattia, 17 anni. – So, però, che altri studenti hanno fatto qualche lezione a distanza su delle piattaforme video. Posso fare una considerazione personale? – prosegue – Nessuno è tenuto ad avere in casa gli strumenti per connettersi, né una rete internet. In quei casi come si fa? Volendo ci si potrebbe vedere con i compagni, ma verrebbe meno il principio per cui l’emergenza sanitaria va gestita evitando assembramenti”.

Sugli ultimi dubbi sollevati da Mattia ci viene incontro la professoressa Salatino: “E’ tutto vero in linea teorica – dichiara – ma nelle scuole so che questo problema non è stato sollevato. I ragazzi sono nativi digitali e dispongono delle risorse necessarie per accedere ai contenuti. Il registro elettronico con tutti i materiali è disponibile anche sugli smartphone e al giorno d’oggi tutti quanti ne possediamo uno. La domanda è lecita, ma da quel punto di vista sembra non abbiamo riscontrato grandi difficoltà. Vedremo cosa succederà adesso”.

 

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