Attualità

Intervista. Nico Acampora, fondatore di Pizzaut e la “famiglia speciale” al tempo di covid-19

In piena emergenza Coronavirus, c'è qualcuno che ha reinventato la quarantena: la famiglia Acampora ci racconta la sua quotidianità con un figlio autistico e una moglie infermiera in rianimazione.

Nico Acampora

La pandemia da Coronavirus ha stravolto le nostre esistenze, la quotidianità si riduce alle attività svolgibili entro le quattro mura di casa, unico spostamento consentito quello verso il posto di lavoro, per chi ancora ne ha uno, la libertà è ridotta all’osso, tutto questo in nome di una battaglia contro un nemico nuovo e feroce. Ogni giorno, numeri, calcoli matematici, infografiche e previsioni di picco imperversano in televisione, sui social e sui giornali. Sotto a questo mantello di velluto scuro, ci sono i cittadini con le loro ansie e le loro paure per quello che verrà.

In questo scenario ci sono anche famiglie “speciali” a 360 gradi, capaci di affrontare con tenacia e positività la pandemia con il plus di un figlio affetto da autismo e una madre/moglie infermiera, impegnata in trincea contro il Coronavirus. Abbiamo scelto di raccontare la quotidianità della famiglia Acampora, per offrire un punto di vista diverso e magari una speranza a chi in questo momento ne ha un forte bisogno.

Le complicazioni della Quarantena

“E’ stato complicato spiegare a Leo, nostro figlio affetto da autismo, perché fosse all’improvviso cambiata la sua giornata con tutte le relative attività, a cominciare dalla scuola. Per lui è impossibile comprendere perché non possa andare in classe coi suoi compagni, in piscina o a fare le sue terapie. Non potendo capire a fondo lo stato attuale delle cose, si è dato una spiegazione tutta personale: per lui siamo tutti in vacanza, anche se poi qualcosa continua a sfuggirgli, si chiede come mai a questo punto non siamo ancora al mare…”, ci racconta al telefono Nico Acampora, fondatore del progetto Pizzaut.

“Nonostante gli insegnanti facciano classroom da remoto, per lui è decisamente più complicato seguire la didattica a distanza. E se malauguratamente la scuola non dovesse riprendere per lui sarà ancora più difficile, perché essendo in quinta elementare, avrebbe avuto bisogno di un passaggio ponte con alcuni momenti dedicati alla conoscenza del nuovo istituto e dei nuovi insegnanti. Non escludo che la dirigente scolastica organizzi qualcosa a distanza, più che altro me lo auguro!”.

“In questa nuova quotidianità ristretta, dobbiamo far fronte anche alle incessanti richieste di Leo di vedere film nuovi, avere una macchinina di Cars nuova. Per noi al momento è impossibile esaudirle, per scelta infatti non ci appoggiamo ad Amazon o altri e-commerce, perché pensiamo che anche questi lavoratori andrebbero tutelati dal rischio di contagio. Ci avrebbe fatto senz’altro comodo, ma cerchiamo di fare scelte nel rispetto della salute di tutti”, chiarisce Nico.

Il villaggio turistico in casa

Dopo un momento di fisiologico smarrimento iniziale, l’idea geniale per affrontare al meglio la quarantena: “Abbiamo cercato di sopperire all’impossibilità di uscire e svolgere le nostre attività quotidiane, dando vita a una sorta di villaggio turistico, anche sulla scorta della spiegazione che Leo si era dato di questa nuova situazione. Così abbiamo organizzato momenti gioco, il momento master chef, il momento merenda. Insomma, tanti appuntamenti divertenti che andassero a creare una nuova routine su cui poter fare affidamento. La fortuna di Leo è anche quella di avere una sorella adolescente, sempre attenta nei suoi confronti. A parte un primo momento di difficoltà, poi anche lei è riuscita a entrare nel mood giusto e con noi ora partecipa alla nuova vita familiare, preparando tanti gustosi dolci per tutti. C’è persino il tempo per le pulizie, che facciamo tutti insieme, quasi come fosse un gioco!”.

E per recuperare un po’ della socialità perduta, ma anche per far sentire meno sole le persone anziane o in difficoltà, hanno adottato una soluzione semplice, ma decisamente efficace: “Telefoniamo molto, la telefonata ha un potere grande, ti fa sentire vicine le persone che in questo momento sono forzatamente lontane. Siamo naturalmente in contatto anche con gli amici di Pizzaut, con loro abbiamo organizzato anche una pizzata virtuale via skype. Ogni famiglia ha preparato la sua pizza e poi ce le siamo mangiate tutte insieme. Non è mai come essere fianco a fianco, ma è un grande aiuto in questo momento”.

Stefania, molto più di un’infermiera

A chiudere il cerchio della famiglia Acampora, c’è un altro componente speciale, Stefania, madre e moglie, nonché infermiera in forza nel reparto più esposto nella lotta al Coronavirus: la rianimazione del San Gerardo di Monza.

“Stefania si è da subito organizzata facendo le notti, in maniera tale da poter essere qui nel pomeriggio con noi e offrire a Leo una parvenza di normalità condita con tanto affetto e sicurezza. Al di là della stanchezza fisica, vedo sul suo volto una fatica emotiva importante: nel reparto dove lavora lei, in rianimazione, la tensione e la responsabilità sono enormi, anche perché in questo momento particolare sono pieni di pazienti. Infatti per offrire supporto a tutti, stanno aprendo anche altri spazi”.

Nico, con tanto orgoglio e amore negli occhi, aggiunge: “Noi comunque, dico sempre che siamo fortunati, Stefania è forte, non si lamenta mai, ha sempre un sorriso per noi. Non rinuncia al suo ruolo che porta avanti con decisione, quasi fosse una missione: anche dinanzi alla notizia che sono stati aumentati i permessi della 104, non ha esitato un secondo, non li userà. Per rispetto nei confronti dei pazienti e delle colleghe, che come lei non stanno staccando mai”.

Non è tempo per Pizzaut

E il progetto Pizzaut? “Purtroppo non posso pensarci ora. Certo, abbandonare anche solo temporaneamente il sogno a un passo dalla sua realizzazione, non è stato semplice. Ora però è tempo di affrontare quest’epidemia e per questo ho detto a tutti i nostri donatori di pensare a chi oggi ha realmente bisogno, ovvero gli ospedali. Poi si vedrà”.

In questo momento c’è solo una cosa da fare: “State a casa, metteteci nelle condizioni di potervi salvare”, è questo l’appello di Stefania e con lei, immaginiamo, di tutte le infermiere e i medici degli ospedali italiani. Noi non possiamo che unirci al loro accorato appello.

Foto Facebook (pre Covid-19)

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