Il Coronavirus in Germania raccontato con gli occhi di un italiano

Andrea ci racconta com'è l'altro volto del Covid19, in Germania, come si sta evolvendo la situazione e cosa voglia dire vivere e raccontare tutto questo, avendo nel cuore il proprio Paese d'origine, l'Italia.

Andrea D'Addio

Andrea, berlinese d’adozione ma romano nel cuore, da diversi anni è il direttore di Berlino Magazine. Negli ultimi tempi le cose stavano andando molto bene, oltre al giornale anche la scuola di tedesco. Proprio per questo aveva pensato di allargare gli spazi per le lezioni, affittando un nuovo ufficio, più grande, poi però il fulmine a ciel sereno: il Coronavirus. Oggi, con le chiavi in mano per un futuro promettente si trova dinanzi un nemico inaspettato, un’epidemia che almeno temporaneamente sta rendendo tutto molto più complicato.

Andrea ci racconta com’è l’altro volto del Covid19, in Germania, come si sta evolvendo la situazione e cosa voglia dire vivere e raccontare tutto questo, avendo nel cuore il proprio Paese d’origine.

Anche la Germania ora è blindata: chiusi alcuni confini, scuole in tutto il Paese, bar, pub, discoteche e ristoranti a Berlino, treni ridotti e controlli sui mezzi, interrotti. Com’è cambiato l’approccio del governo dal primo focolaio di gennaio? E perché solo ora?

“I ristoranti non sono completamente chiusi, possono rimanere aperti dalle 6 alle 18 e tutto il giorno per l’asporto, almeno fino a diversa indicazione. L’atteggiamento del governo è cambiato gradualmente, ma tuttora in ogni discorso della Merkel si cita l’economia. Non è detto che dopo misure molto restrittive si torni ad un’idea di convivenza controllata, nei limiti del possibile, con il virus”.

Qual è la situazione degli ospedali? Esiste, come in Italia, il problema dei posti in rianimazione insufficienti rispetto al numero dei potenziali malati? Qual è la capacità del sistema sanitario tedesco di “tollerare” il virus?

“In Baviera c’è una situazione critica e in generale non si crede che il sistema sanitario possa reggere l’impatto dell’epidemia in tutte le regioni. Al momento non c’è comunque un problema di posti in rianimazione, anche se viene messo in preventivo che possa presentarsi a breve. Al momento in Germania ci sono 28mila posti in terapia intensiva, ma come in Italia, ci sono anche altre malattie e pazienti. Quelli disponibili, secondo alcune stime (non dati ufficiali), dovrebbero essere 15mila”.

Come sta reagendo la popolazione al Coronavirus?

“Esattamente come gli italiani in Italia: si è passati da incredulità e menefreghismo, a scene di panico con tanto di assalto ai supermercati”.

Da italiano come guardi alle reazioni dei tedeschi?

“Mi sembra un copione già visto…”.

E degli italiani a Berlino?

“Vedo tanti connazionali preoccupati che da tempo, giustamente, gridano che si poteva e doveva agire prima”.

Com’è, da direttore di un magazine, raccontare del Coronavirus in Germania, avendo il cuore in Italia?

“In realtà, come per qualsiasi altro italiano. C’è il disappunto per non aver visto la Germania muoversi prima, il dispiacere per chi in Italia sta male o rischia di stare male se molti continueranno a non rispettare la quarantena e la preoccupazione per la ricaduta economica che, probabilmente, sarà molto più forte in Italia che altrove. Questo in fondo è un virus democratico, può colpire tutti e ovunque, bisogna solo sperare di avere fortuna. Stare a casa è l’unico modo per essere al sicuro”.

Ho letto che a Berlino è nato un gruppo per aiutare chi ha bisogno in questo momento di isolamento. Ci puoi dire di più?

“Sì, ne sono nati diversi, sia per italiani, sia per tedeschi, che per altri expat. Ci si confronta su tutto, dai numeri verdi alle informazioni generali su come riconoscere i sintomi dell’infezione. Ad esempio, nel gruppo Quarantäne-Hilfe-Berlin, viene data la possibilità di richiedere un aiuto nel fare la spesa e nel farsela consegnare direttamente a domicilio, per chi non ha nessuno supporto durante il periodo di isolamento. Un modo semplice per offrire il proprio contributo a chi più ne ha bisogno. Un’iniziativa simile è stata organizzata anche da un gruppo di italiani a Berlino, iscritti al gruppo Coronavirus”.

Andrea ci ha offerto un punto di vista lucido e razionale dal fronte tedesco, nei fatti, non troppo distante da quello italiano. Lo ringraziamo e gli rivolgiamo un grande in bocca al lupo, lui contraccambia e con una buona dose di ottimismo pensa al domani: “Speriamo il nostro nuovo ufficio possa riempirsi di parole di ogni parte del mondo, quando si sarà trovato un modo per arginare questa epidemia…”. Nel frattempo le lezioni continuano online, tramite Skype.

Perché la paura si combatte soltanto andandole incontro con coraggio e determinazione.

Foto Facebook – Andrea D’Addio

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