Economia

Coronavirus, SOS turismo in Brianza: l’intervista a Veronica Ruisi

"La preoccupazione c'è: in 16 anni non era mai capitata una situazione del genere".

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«Cancellazioni, scambi di email, telefonate in continuazione: hanno tutti paura del Coronavirus. E dal nostro punto di vista è sicuramente la cosa più difficile che abbiamo mai affrontato».

Non ha dubbi Veronica Ruisi, direttrice dell’agriturismo “La Camilla” di Concorezzo, a proposito dell’emergenza sanitaria che il nostro Paese sta affrontando dopo l’arrivo del Coronavirus. «Non voglio girarci intorno – racconta la Ruisi a MBNews – la situazione è abbastanza drammatica per chi lavora nel settore turistico e ho paura per la mia attività e i 40 dipendenti che lavorano qui. Se le cose non si sbloccano, non so proprio dire cosa succederà».

Lo stop nel settore turistico

Quanto può fare male alle nostre attività lo stop obbligatorio dovuto all’emergenza sanitaria nazionale del Coronavirus? Per rispondere, almeno in parte, a questa domanda, la scorsa settimana la nostra redazione si è confrontata con diversi imprenditori della provincia, che ci hanno raccontato le difficoltà che le aziende possono vivere in queste settimane e quali sono i metodi alternativi per continuare il proprio business, uno fra tutti lo “smart working“.

Per il settore turistico, però, la questione è ben più spinosa. Perché le informazioni che circolano sul virus cinese in Lombardia stanno spaventando tanti potenziali turisti. Ne abbiamo parlato con Veronica Ruisi, che da 16 anni dirige la struttura “La Camilla” di Concorezzo, uno degli agriturismi più belli del vimercatese. 

“Rischiamo di perdere un’intera stagione”

«E’ una situazione difficile – racconta Veronica Ruisi – soprattutto perché non abbiamo idea dei tempi di questa emergenza sanitaria. Se fossero pochi giorni di stop non avremmo grandi problemi, ma qui rischiamo di parlare di un’intera stagione persa. C’è Pasqua alle porte e poi l’estate: rischiamo di rimanere fermi per mesi. La nostra struttura ospita da tempo anche team aziendali che arrivano da ogni parte d’Europa e adesso sono spaventati. Molti hanno annullato il soggiorno e temo che altri ancora ci chiameranno nei prossimi giorni».

«Non voglio dare colpe a nessuno – continua – ma penso che diverse cose siano state gestite male. Le informazioni, ad esempio. La stampa di tutto il mondo ci ha dipinti come “untori” creando danni di immagine molto seri al nostro Paese che ora rischia di non diventare attrattivo per molto, molto tempo. Le uniche informazione che avremmo dovuto seguire durante questi giorni di Coronavirus dovevano essere quelle di carattere medico. Invece ci siamo fatti condizionare da voci non autorevoli, fake news, dibattiti social e abbiamo perso un po’ la testa».

A rischio anche i posti di lavoro

«Ho letto ovunque che dovremmo “differenziare il business” e andare avanti con le nostre attività, ma non è così semplice – conclude la Ruisi. – Queste cose negli anni già le abbiamo fatte e continuiamo a farle, ma nel settore turistico le cose sono un po’ diverse. Il punto è che se perdi credibilità come Paese, poi riacquistarla non è semplice.  Due mesi di fermo, che è quello che oggi rischiamo, rappresentano un pericolo imminente per 40 dipendenti. E dalle banche non ho risposte molto rincuoranti. Forse qualche manovra di sostegno agli imprenditori il governo riuscirà a realizzarla, ma non si sa quanto sarà efficace. Intanto noi non gettiamo la spugna e lavoriamo nel nostro piccolo per portare a casa il miglior risultato possibile.

Che altro dire? La preoccupazione c’è: in 16 anni non era mai capitata una situazione del genere».

 

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