Economia

Coronavirus, le aziende di Confimi Monza e Brianza tra chi ha chiuso e chi deve lavorare

L'emergenza sanitaria avrà forti ripercussioni su tutti i settori produttivi. Anche sulle Pmi del nostro territorio. Ecco i timori di Vimercati Hats, Lux Italia, Consea e Milano Industrial.

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Il presente è fatto di preoccupazione, confusione e restrizioni sempre più urgenti e necessarie. In Italia il Coronavirus, che ormai da più di un mese ha monopolizzato e cambiato i pensieri e la vita di tutti noi, ci ha portati in un’emergenza sanitaria segnata da migliaia di morti e contagiati. E, in attesa che passi il prima possibile questa tempesta, con medici ed infermieri ormai allo stremo delle loro forze, un’altra emergenza si sta già facendo strada. E’ quella economica.

Dopo dibattiti e appelli provenienti da più parti, il premier Giuseppe Conte sabato 21 marzo, in diretta Facebook, ha annunciato la chiusura di tutte le attività produttive non considerate essenziali in questo momento così tragico per l’Italia intera e la Lombardia in particolare. Alcune delle aziende associate a Confimi (Confederazione dell’industria manifatturiera e dell’impresa privata) Monza e Brianza avevano, in questo senso, precorso i tempi.

E’ il caso di Vimercati Hats, cappellificio di Monza, unico reduce di un settore produttivo molto importante un secolo fa per la città di Teodolinda e di Lux Italia di Cambiago, principale produttore e fornitore di apparecchi di illuminazione a LED nel nostro Paese. Altre, come Conseaspecializzata in sistemi informativi aziendali, riesce a lavorare in smart working con una certa facilità.

C’è, poi, chi, come Milano Industrial, concessionario del gruppo Lombardia Truck, nome storico nel settore dei veicoli industriali e commerciali, ha parzialmente mantenuto aperta la propria attività per la riparazione e l’assistenza alle macchine di chi, in questo periodo, è costretto a viaggiare per consentire la continuità di servizi fondamentali per tutta la comunità.

Tutte queste aziende, con sfumature diverse, stanno cercando di reggere all’onda impetuosa del Coronavirus. Ma, soprattutto, temono di dover affrontare in prima persona le macerie che questa mareggiata, sempre più simile ad uno tsunami, lascerà una volta che si sarà ritirata.

VIMERCATI HATS

Hanno fatto giusto in tempo a completare una spedizione già programmata, poi si sono fermati. “Abbiamo inviato in Israele, non senza qualche problema logistico, la seconda tranche di un ordine di 2500 cappelli – spiega Fabrizio Vimercati (nella foto in alto), esponente della terza generazione di questa azienda, fondata nel 1953 – poi abbiamo deciso di chiudere, approfittando anche del fatto che siamo in attesa di nuove ordinazioni”.

Le ultime disposizioni governative non consentiranno una riapertura a breve nello stabilimento di via Macallè. E il futuro preoccupa non poco. “Il settore moda sta avendo problemi di investimento non indifferenti – continua – i negozi, d’altro canto, hanno avuto un danno forte ed immediato”.

Nonostante tutto, però, a Vimercati Hats non manca la voglia e la fiducia per progettare per il futuro. “Stiamo avviando l’e-commerce con l’obiettivo di acquisire nuovi clienti soprattutto in Europa, ma potenzialmente in tutto il mondo – annuncia Fabrizio – inoltre contiamo di riprendere il prima possibile le visite guidate alla nostra azienda (leggi l’articolo), coinvolgendo diversi interlocutori tra i quali anche Confimi”.

LUX ITALIA

Io speriamo che me la cavo”. Le parole di Rita D’Arenzo (nella foto in alto) non sono solo la citazione del titolo di un noto libro dell’insegnante napoletano Marcello D’Orta e del film da esso tratto. Ma raccontano, soprattutto, la speranza e un po’ il fatalismo che può avere un’imprenditrice in questo periodo dominato dall’emergenza Coronavirus.

“Di nostra iniziativa abbiamo deciso di chiudere già la settimana scorsa, anche perché i cantieri sono stati bloccati ed era difficile per noi, che siamo fornitori diretti di grossi gruppi bancari e telefonici, riuscire a portare avanti la nostra attività fatta principalmente di progettazione e collaudo per impianti di illuminazione a LED – spiega D’Arenzo – ammesso che si abbiano le risorse per resistere, per quanto tempo lo si può fare?”.

Una domanda alla quale non c’è risposta certa al momento. Anche per chi, come la Lux Italia, unica azienda italiana ad avere una certificazione ISO 9001 per l’efficientamento energetico a LED, è un marchio conosciuto ed affermato in un settore di nicchia. “Il primo duro colpo ce l’aspettiamo alla fine di questo mese con il mancato incasso delle commissioni già portate a termine – continua – per il momento abbiamo messo in ferie i nostri dipendenti ed aspettiamo le direttive dell’Inps per la cassa integrazione in deroga. Non riusciamo a vedere la fine di questa situazione”.

CONSEA

L’emergenza Coronavirus ha portato agli onori della ribalta lo smart working, che sembra diventato la salvezza presente, forse anche futura, del mondo del lavoro. Ma per chi, come l’azienda Consea, da circa 40 anni ha nell’uso della tecnologia il proprio pane quotidiano, il lavoro agile significa “soltanto” poter avere una migliore capacità di risposta alle difficoltà di questo periodo così confuso e particolare.

“Fino ad ora siamo stati relativamente fortunati e, ad oggi, la nostra attività è full, pur salvaguardando tutte le misure di prevenzione e distanziamento sociale – afferma Enrico Meroni (nella foto in alto), amministratore delegato e fondatore di Consea, ma anche Consigliere di Confimi Monza e Brianza – sebbene i nostri uffici siano chiusi, infatti, riusciamo a gestire i nostri clienti in remoto e ad intervenire per risolvere le loro problematiche informatiche”.

Le prospettive, comunque, non si annunciano rosee. “Abbiamo dei lavori pianificati, ma se questa situazione legata al Coronavirus dovesse andare avanti a lungo, ci saranno sicuramente ripercussioni anche per noi – sostiene Meroni – d’altro canto i nostri clienti, per lo più lombardi, sono in ambito produttivo, soprattutto manifatturiero. Molti di loro al momento hanno chiuso o lavorano in maniera ridotta, ma è difficile prevedere quali potranno essere le loro esigenze quando sarà finita questa emergenza”.

MILANO INDUSTRIAL

Lo sappiamo. Il motore economico dell’Italia, dopo le ultime disposizioni del governo Conte, è fermo quasi del tutto. Ma c’è chi deve lavorare, anche per darci la possibilità di restare nella nostra casa. Tra questi Milano Industrial, che fa parte di un gruppo con diverse sedi in Lombardia, compresa Monza.

“A differenza di altri settori che hanno dovuto interrompere la produzione, noi abbiamo stoppato la vendita commerciale e l’apertura alla clientela, ma continuiamo a ranghi ridotti e con protocolli molto ferrei – spiega Stefano Laggetta (nella foto in alto)– dobbiamo occuparci dell’assistenza e della revisione dei veicoli delle aziende municipalizzate e di coloro che svolgono servizi essenziali in questo momento delicato”.

Anche se si è parte di un gruppo importante, con 72 dipendenti solo a Milano, il post Coronavirus spaventa. “Molto probabilmente, come tutto il settore dell’autotrasporto, riceveremo un duro colpo da questa situazione, anche se siamo abituati a cavarcela da soli senza aspettare aiuti esterni da parte dello Stato e dell’Unione europea – continua – del resto, dopo un fantastico 2018, il 2019 ha mostrato una chiara frenata negli ultimi mesi e il 2020 è partito male già prima del Coronavirus”.

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