Cultura

Barbara Bolzan e il suo grande amore per la scrittura: intervista

Barbara Bolzan è nata a Desio, lavora come scrittrice, editor per case editrici e autori, inoltre tiene corsi di scrittura creativa presso i licei della Brianza.

Barbara-Bolzan

«Non c’è stata un’epifania: ho sempre letto molto e proprio quest’amore per la parola scritta mi ha portato a essere scrittrice». Queste le parole di Barbara Bolzan, originaria di Desio, che ha raccontato a MBNews del suo lavoro di scrittrice, editor per case editrici e autori, inoltre tiene corsi di scrittura creativa presso i licei della Brianza.

L’INTERVISTA

Quando e come hai capito che volevi essere scrittrice?

Non c’è stato un momento definito, te ne accorgi quando la scrittura è la prima cosa che pensi al mattino e l’ultima alla sera. Non c’è stata un’epifania: ho sempre letto molto e proprio quest’amore per la parola scritta mi ha portato a essere scrittrice.

Partiamo dall’esordio “Sulle scale”, libro a cui hai consegnato un vissuto personale. Quando l’hai scritto e quanto ti è servito per affrontare il tuo percorso?

“Sulle scale” è uscito nel 2004 per Aice, Associazione Italiana contro l’Epilessia, con la prefazione del professor Ezio Raimondi dell’Accademia dei Lincei. Ho tentato di rielaborare un vissuto personale, ma rivolgendomi soprattutto alle famiglie e agli stessi ragazzi affetti da epilessia. Ho iniziato a scriverlo a 19 anni ed è stato pubblicato quando ne avevo 23. Poi l’ho trasformato in un romanzo vero e proprio, “L’età più bella” (Butterfly Edizioni, 2014), una sorta di “upgrade” in cui affronto in toto il disagio degli adolescenti che scoprono l’epilessia. Ho raccontato anche l’ostracismo che subisce chi ne è affetto. 

Nel 2015 è la volta de “Il furto dei Munch”: cosa ci racconti a riguardo?

“Il furto dei Munch” (La Corte Editore), da pochi mesi diventato anche un audiolibro (su Storytel, letto dall’attrice Ilaria Giorgino), è la storia vera del furto de “L’urlo” e della “Madonna”, (due quadri di Munch), messo a segno a Oslo nel 2004. Mi sono servita della realtà, manipolandola e inserendovi personaggi fittizi. Prima di scriverlo, mi sono documentata a lungo, ho parlato con le guardie del museo di Oslo per trasformare un fatto di cronaca in un romanzo. Questo libro ha vinto il Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica nel 2019.

Dopo abbiamo l’apprezzata saga di Rya, ce ne parli? 

La saga in quattro libri (Delrai Edizioni), di cui ad aprile esce la nuova edizione, ha una matrice storico-fantastica ed è ambientata nel Medioevo. È la storia di una famiglia, di una ragazza che ha tutto e poi perde tutto. Affronto temi come la violenza sulle donne, l’alcolismo, l’anoressia. Quando scrivo, parto sempre dalla realtà, anche quella più dura, per poi aggiungere degli elementi fantastici e uso la prima persona affinché chi legge possa sentirsi più coinvolto. 

Qual è il personaggio che, seppure in forma romanzata, accoglie in sé qualcosa della Barbara scrittrice?

Quando scrivi, tu sei tutti: c’è un po’ di me nel personaggio di Agata, di Caterina e c’è tantissimo in Rya, che è rimasto maggiormente nel mio cuore e in quello dei lettori. Se potessi, sceglierei di essere Rya. 

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