Cultura

Monza: al Manzoni Maria Amelia Monti con uno spettacolo sulle adozioni

Un reading con musica dal vivo scritto e diretto dal pluripremiato drammaturgo Edoardo Erba.

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“La lavatrice del cuore”, è questo il titolo del prossimo spettacolo, il primo della sezione “Altri Percorsi” della Stagione Teatrale in scena, giovedì 30 gennaio, al Teatro Manzoni di Monza. Un piccolo, prezioso spettacolo, un reading con musica dal vivo, con Maria Amelia Monti e scritto e diretto dal pluripremiato drammaturgo Edoardo Erba.

I tema trattato dallo spettacolo, con ironia e delicatezza, è quello dell’adozione.

Maria Amelia Monti, meravigliosa attrice sul palco, “mamma di pancia” di due figli naturali e “mamma di cuore” di un figlio adottivo nella vita, è la protagonista di questo spettacolo di rara intensità, emozionante e ironico.

Scritto per lei da Edoardo Erba, uno dei più brillanti drammaturghi della sua generazione, il testo è ispirato alle esperienze reali di genitori e figli adottivi. L’adozione raccontata attraverso le testimonianze di chi l’ha vissuta direttamente o indirettamente. Dalle lettere raccolte per la categoria Lettera di un’adozione, nasce La Lavatrice del cuore.

Il racconto dell’esperienza di Edoardo e Maria Amelia (loro stessi regista e attrice ma anche marito e moglie e genitori adottivi) si affianca a quello di altre coppie, di papà e mamme che raccontano il proprio viaggio, in un’alternanza.

 

La genesi dello spettacolo

Dall’esperienza del Festival delle lettere e in collaborazione con ItaliaAdozioni, nasce l’idea di inserire, tra le categorie fuori concorso della manifestazione, Lettera di un’adozione.
L’invito, rivolto a tutti coloro che hanno vissuto direttamente o indirettamente l’esperienza adottiva, intende raccogliere, sotto forma di lettera, aneddoti e testimonianze quotidiane.
L’obiettivo è quello di stimolare una riflessione sul tema, concreta e reale, attraverso una polifonia di voci di genitori e di figli, di nonni, di educatori o semplicemente di amici.
Sono oltre 200 le lettere iscritte alla categoria, vere e proprie testimonianze in cui si orchestrano sentimenti diversi e spesso contradditori. Tutto il materiale raccolto diventa fonte di ispirazione di un appassionante spettacolo teatrale: La Lavatrice del cuore, scritto da Edoardo Erba ed interpretato da Maria Amelia Monti.

Il racconto dell’esperienza di Edoardo e Maria Amelia si affianca a quello di altre famiglie, di papà e mamme che raccontano il proprio viaggio nel mondo dell’adozione, in un’alternanza tra prosa e lettura di grande intensità, in cui non mancano momenti ironici.

 

Edoardo Erba
Considerato tra gli autori più brillanti della sua generazione, Edoardo Erba si è formato alla scuola del Piccolo Teatro di Milano. Tra le prime opere, Maratona di New York tradotta in 17 lingue.
Moltissimi i suoi testi scritti per il teatro, molti dei quali premiati e portati in scena con successo (come Muratori, Margherita e il Gallo, Parete Nord, Tante Belle Cose). Tra gli adattamenti si ricordano Roman e il suo cucciolo diretto da Alessandro Gassman, Il nipote di Rameau, Nemico del popolo e L’Appartamento. 

Maria Amelia Monti
Dopo il diploma presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano, Maria Amelia Monti debutta a teatro con Ernesto Calindri e Nanni Loy. Alla carriera sul palcoscenico affianca una lunghissima carriera televisiva (in programmi storici come La TV delle ragazze e fiction di enorme successo come Amico mio o Dio vede e provvede, Finalmente in due, Due mamme di troppo… che la fanno conoscere al grande pubblico) e cinematografica (con commedie sofisticate come Miracolo italiano di Enrico Oldoini o Asini con Claudio Bisio…).

 

Lettera di Francesca Corti vincitrice della categoria “Lettera di un’adozione” al Festival delle lettere e fonte di ispirazione del titolo dello spettacolo

Anna ha sette anni.
È mia figlia da quando aveva 8 mesi.
Chi dice che adottare neonati sia una passeggiata, una cosa facile perché “tanto non capiscono niente i neonati, e crescono con te come se fossero i tuoi figli biologici”, non ha capito nulla.
Anna ha un vuoto dentro, un buco, lei lo chiama “la cosa che ho qui sopra lo stomaco e mi fa male”.
Ogni tanto ne parliamo, lei ora comincia a farsi domande, a farmi domande, a rendersi conto che non è normale, e non è bello, che una madre abbandoni il figlio che ha messo al mondo.
Questo è un periodo difficile; forse a scuola hanno parlato di nascite, ci son diversi compagni che hanno fratellini in arrivo, si vedono tante mamme col pancione, all’uscita da scuola.
Forse qualcuno le ha chiesto qualcosa, sul suo essere color cioccolato in una famiglia di smorti.
Forse sta semplicemente prendendo consapevolezza della sua storia di bimba adottata.
Fatto sta che questo non è un periodo semplice.
La sera le capita di essere triste, è molto nervosa, capisco che non è la mia solita Annina spensierata e monella. Sono due giorni però che è passiva, zitta, silenziosa, non è da lei, di solito bisogna chiederle per favore di smettere di parlare, e se non parla canta, e se non canta balla.
Penso che forse starà covando l’influenza, d’altronde siamo in inverno, niente di più facile, le provo la febbre ma è fresca come una rosa, le chiedo se senta male da qualche parte, se abbia qualche malessere, ma mi risponde di no.
Poi, accade. Sono in bagno, negli unici 5 minuti tutti per me che ho durante la giornata, ed entra sbattendo la porta, in lacrime.
Le chiedo cos’abbia, “Anna stai male? Cosa c’è?”, lei non risponde, piange, riesce a dirmi solamente che ha una “cosa” dentro la pancia, proprio sopra lo stomaco, che non riesce a spiegarmi cosa sia, ma le fa tanto tanto male.
Allora la faccio sedere sulle mie ginocchia, come quando era piccolina e neanche in bagno da sola mi faceva andare, e le chiedo di parlarmi, di aprirsi, io sono qui per questo, sono la sua mamma, non deve avere paura di parlare con me.
Anna mi guarda, gli occhi enormi lucidi, mi dice “no, non voglio, io soffro e non voglio che tu ti spaventi per me”.
Allora mi viene in mente; non so come, ma mi viene in mente. Devo ancora capire com’è che quando devo ribattere alla gente maleducata e invadente non trovo mai le parole giuste, mentre quando devo parlare con lei le parole escano da sole, spontaneamente, senza che possa controllarle.
“Anna” le dico “ma tu non lo sai, che quando il Signore ci fa diventare delle Mamme, regala a ognuna di noi donne una lavatrice del cuore?”
Lei mi fissa sbalordita “La lavatrice del cuore? Cos’è??”
“Ma si, Annina! quando noi donne diventiamo mamme, in qualsiasi modo lo diventiamo, riceviamo in dono una lavatrice del cuore, e anche io ho la mia!
Quando tu ti senti triste, quando il peso nella pancia ti sembra insopportabile, tu vieni da me, apri l’oblò che c’è nel mio cuore, ci butti dentro tutte le cose brutte che ti rendono triste e non ti fanno stare bene, io poi le lavo, le centrifugo con tanto amore per te, e vedrai che dopo usciranno solo serenità e tranquillità”
“Davvero??”
Le sorrido “Si, Anna, davvero. Proviamo? Apriamo il mio oblò?”
Lei annuisce, sorride, poi ricomincia a singhiozzare, questa volta forte, fortissimo, dei singhiozzi che lacerano il cuore, e comincia a buttarmi addosso tutte le sue paure: l’abbandono, il terrore che le possa succedere di nuovo di essere abbandonata, il rifiuto della sua mamma biologica di tenerla con sé, la tristezza di non essere nella sua Terra, l’incomprensibile fatto che una mamma possa non volere più il proprio figlio.
Parla, e piange, e parla e piange ancora di più.
Non riesco a sostenere tanto dolore rimanendo impassibile, non riesco più a sorriderle serena, sono singhiozzi ingiusti in una bambina di 7 anni, mia figlia sta soffrendo da matti e devo lasciarla sfogare, ma è doloroso per tutte e due, vorrei solo che non fosse accaduto niente, che fosse nata da me, che non dovesse ogni volta fare i conti con tanta angoscia.
Comincio a piangere anch’io, quanto dolore, quanta sofferenza in un corpicino di 17 chili, non è giusto, per niente.
Lei mi vede piangere, si blocca, mi fissa, si intristisce.
“Ecco, vedi.. adesso ho fatto piangere anche te, non volevo, vedi??”
“Ma no, Annina, tranquilla… è solo l’acqua di scarico della lavatrice! Adesso passa tutto e ritorniamo felici!”
Le sorrido, lei mi sorride.
Si alza, tira su col naso, è sollevata, ride, fa un passo di danza, gira su se stessa e se ne va cantando.
Io mi accascio, mi sento più vecchia di 10 anni, ho due occhi viola e l’anima svuotata, ma la mia lavatrice, per questa sera, ha fatto un ottimo lavoro.

 

Giovedì 30 gennaio 2020, ore 21.00

MARIA AMELIA MONTI
in
La lavatrice del cuore. Lettere di genitori e figli adottivi
Testo e regia a cura di Edoardo Erba
Musica dal vivo di Federico Odling

 

CONTATTI
Teatro Manzoni Monza, via Manzoni 23 – 20900 Monza
tel 039 386500 fax 039 2300966
info@teatromanzonimonza.it – www.teatromanzonimonza.it

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