Cultura

Le travagliate vicende di Marianna De Leyva, la Monaca di Monza

La vera storia di uno tra i personaggi riusciti ad entrare maggiormente nell'immaginario collettivo monzese, grazie soprattutto alla letteratura postuma.

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La strada è angusta, anche se si trova a due passi dal centro di Monza.

Se ci capiti per caso di notte, sprigiona tutta la sua dimensione grottesca. Tu cammini, e senti il rumore riecheggiante dei tuoi passi, così chiari e definiti che ti volti per vedere se qualcuno ti stia seguendo. E invece sei solo.

O forse no?

Forse una presenza in questa via c’è davvero. Una presenza che non se ne andrà mai.

Perché è proprio qui che visse Marianna De Leyva.

Figlia di Martino De Leyva, importante comandante dell’esercito spagnolo, nacque nel 1575 a Milano, in una stanza all’interno di Palazzo Marino. Del resto era pure figlia della figlia di Tommaso Marino, quel ricco banchiere genovese che aveva fatto costruire l’attuale sede del Comune di Milano. E qui visse i primi anni della sua vita.

Poi rimase orfana di madre, e fu spedita in convento.

Il padre intanto tornò in Spagna e fece di nuovo famiglia. La piccola Marianna, invece, cominciò un’altra vita, e nel 1588 entrò nel monastero benedettino di Santa Margherita a Monza con il nome di suor Virginia Maria. Ebbe inoltre l’onere di amministrare la giustizia in città. I De Leyva erano feudatari della contea di Monza, per cui a rotazione suor Virginia alternava questa carica con i suoi due fratellastri.

Ed è proprio durante la sua amministrazione che conosce Gian Paolo Osio.

Il primo incontro avviene per caso: il giovane, che ha il palazzo che guarda proprio all’interno del monastero, sta scambiando qualche sguardo un pochino troppo avventato con una educanda. Così suor Virginia nota i due che tubano a distanza, si arrabbia ed espelle l’educanda per poi bandire dalla città Gian Paolo Osio, accusato inoltre di omicidio.

In realtà la condanna dura un anno, poi ha modo di redimersi e tornare sfrontatamente a chiedere scusa alla De Leyva, la quale accetta il pentimento, ma non solo, accetta anche sporadiche visite dell’Osio nelle sue stanze.

Da qui inizia la loro storia d’amore clandestina.

Nessuno ovviamente all’interno del convento deve sapere niente, tranne quattro suore che nascondono e favoriscono abilmente la relazione.

Nell’ombra, nel peccato, tra le mura del suo convento, suor Virginia resta incinta. Il piccolo però muore poco dopo la nascita.

E’ grande il trauma per la De Leyva, che fa di tutto per allontanare da sè l’Osio: si procura orribili sieri anti-amorosi e si fa consegnare dall’amante le chiavi che utilizza per accedere clandestinamente al convento, gettandole in un pozzo. Ma evidentemente anche queste soluzioni non sono sufficienti, e suor Virginia Maria riprende a frequentare Gian Paolo Osio. Questa volta con ancora più intensità.

E resta di nuovo incinta.

La figlia sopravvive e le viene dato il nome di Alma Francesca Margherita (chi lo sa, forse in onore del convento in cui è nata); il problema è che adesso in tanti sospettano e vorrebbero parlare.

Come la conversa Caterina da Meda, che in occasione della visita di un importante prelato milanese si ripromette di spifferare tutta la storia.

Ma non ne avrà la possibilità: la sua vita viene spezzata da un colpo di archibugio dell’Osio.

Il suo corpo viene in tutta fretta nascosto nella ghiacciaia e si crea una breccia ad hoc in un muro del convento, per far credere in una sua fuga. La situazione però precipita presto e tra varie vicende rocambolesche la storia di Marianna e di Gian Paolo resta tuttora nell’immaginario collettivo.

I due non si rivedranno mai più.

Lui assassinato a tradimento, dopo altri omicidi commessi e una fuga dal carcere di Pavia.

Lei arrestata e murata in una cella di un convento di Milano.

E non avrà nemmeno modo di rivedere la sua Monza, nemmeno dopo il rilascio. Muore molto anziana con una seconda parte della vita dedicata al pentimento.

Però le sue oscure vicende sono ancora lì, ad impregnare quei muri che restano gli ultimi residui del distrutto monastero di Santa Margherita a Monza. Lì, con quel riecheggiare di passi, che ti sembra quasi di trovartela alle spalle, da un momento all’altro, mentre ti impone di allontanarti da quella strada tragica e maledetta, a due passi dal centro. Quella strada che porta il suo nome: Via della Signora… ovvero suor Virginia Maria, al secolo Marianna De Leyva, o se preferite suor Gertrude, la Monaca di Monza.

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