Economia

“False” collaborazioni a domicilio, la denuncia della Cgil Monza e Brianza

Nelle ultime settimane il sindacato di via Premuda si è imbattuto in due giovani che, reclutati da una presunta ditta di spedizioni, hanno firmato contratti capestro e non sono stati pagati.

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“Al peggio non c’è mai fine”, dice un antico proverbio popolare. E, se si parla di lavoro, il peggio può riguardare la precarietà, se non vero e proprio sfruttamento, a cui è spesso sottoposto chi vorrebbe solo guadagnarsi uno stipendio per vivere.

Si arriva ad accettare anche condizioni di ingaggio a dir poco dubbie e pericolose. E ci si imbatte in situazioni che, se non si trattasse della vita delle persone, farebbero anche sorridere per il loro senso del ridicolo. E’ questo il caso delle “false” collaborazioni, una pratica da tempo contrastata, tra le diverse forme di lavoro precario, dalla Cgil di Monza e Brianza.

COSA SONO

“Si tratta di quei rapporti di lavoro che, all’apparenza, sono liberamente costituiti tra un datore di lavoro e una lavoratrice o un  lavoratore, il quale si impegna ad una prestazione che eseguirà in autonomia – afferma Lino Ceccarelli (nella foto in alto), Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro della Cgil di Monza e Brianza – spesso, invece, si tratta di veri e propri rapporti di lavoro dipendente, mascherati da collaborazione”.

Il motivo per cui questo avviene sembra semplice, quanto drammatico. “Nel rapporto di lavoro dipendente è richiesta l’applicazione di un Contratto collettivo nazionale, il quale comporta migliore retribuzione e tutte le garanzie necessarie all’esercizio di diritti fondamentali quali la tutela della malattia, della maternità, negli infortuni, previdenza e ferie – continua – nella collaborazione, invece, la paga è liberamente fissata, di solito al ribasso, i diritti non vengono riconosciuti pienamente ed è diffuso il fenomeno dell’evasione contributiva da parte dei datori di lavoro”.

LA NOVITA’

Il fronte delle “false” collaborazioni, che è alla ribalta anche per l’ampia tematica dei riders, i ciclofattorini impegnati a consegnare cibo a domicilio per piattaforme digitali come Glovo, Deliveroo, Just Eat (leggi l’articolo), sta riservando ulteriori sviluppi. Purtroppo negativi. Oltre che degradanti per chi lo mette in pratica ed umilianti per chi lo subisce.

Nello specifico la tematica si lega ad una particolare tipologia di lavoro a domicilio. Quella per cui si diventa collaboratori di una ditta di spedizioni, o presunta tale. Il compito è quello di ricevere merce presso la propria abitazione, effettuare un  controllo del contenuto dei colli attraverso fotografie che devono essere spedite alla ditta, richiudere ed etichettare i colli, che poi la ditta stessa tornerà a prelevare dall’abitazione del collaboratore, per ulteriore spedizione a terzi.

DUE CASE HISTORY

Che più di qualcosa non quadri in un meccanismo di questo tipo, lo dimostrano due casi reali che la Cgil di Monza e Brianza ha dovuto affrontare nelle ultime settimane. “Nel primo caso un giovane si è rivolto a noi perché, dopo la firma del contratto di collaborazione, non aveva più ricevuto né merce né notizie” racconta il Responsabile Nidil (Nuove identità lavoro) e dell’Area Giovani e Lavoro del sindacato di via Premuda.

“Ci siamo congratulati per la sua fortuna – continua – gli abbiamo ovviamente consigliato di disdire immediatamente il contratto, rimandare indietro eventuale merce inviata al suo domicilio e comunque rivolgersi al sindacato se necessario”.

“Nel secondo caso un altro giovane, immigrato in Italia da dieci anni, ha effettivamente ricevuto per due mesi merce come scarpe, vestiti e computer, che ha diligentemente fotografato, inviando poi le immagini alla ditta, e conservato nella sua abitazione, fino al prelievo da parte di incaricati della ditta stessa – spiega Ceccarelli  – purtroppo, non c’è stato alcun pagamento e sarà improbabile riuscire nello scopo con una ditta di Miami, sempre che esista”.

E, per la serie, appunto, che al peggio non c’è mai fine, “oltre al danno di non essere stato pagato, ha ricevuto la beffa di una richiesta di pagamento per merce che lui avrebbe ricevuto e trattenuto, peraltro per poche centinaia di euro – continua – richiesta che proviene non da Miami, ma da uno studio legale di Milano, nei confronti del quale, ovviamente, non mancheremo di procedere per appropriazione indebita per il mancato pagamento del lavoro svolto, e tentata estorsione per la indebita richiesta di pagamento”.

L’APPELLO

Le due vicende denunciate dalla Cgil di Monza e Brianza sono soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno in crescita? Purtroppo è molto probabile. Ecco perché diventa importante il supporto del sindacato.

“Quello che vogliamo dire a chi un lavoro lo cerca, è di non accettare assolutamente queste offerte e, laddove fosse accaduto, rivolgersi a noi per ogni necessità – afferma il Responsabile Nidil – anche questo è un capitolo importante della lotta sindacale contro lo sfruttamento nel mercato del lavoro, uno sfruttamento ancora più odioso perché assume le caratteristiche di una vera e propria truffa a danno dei più deboli”.

È possibile consultare la Carta dei servizi della Cgil di Monza e Brianza per conoscere tutte le informazioni relative alle Categorie e ai Servizi presenti nella nostra provincia.

Come contattare Nidil Cgil

 Indirizzo: Via Premuda, 17, Monza

Telefono: 039/27311

E-mail: nidilbrianza@cgil.lombardia.it

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