Salute

Trappola demografica, il Dottor Mignini Renzini degli Istituti Clinici Zucchi spiega cos’è e come uscirne

Si fanno pochi bambini e, in 10 anni, è come se la città di Monza fosse scomparsa! La denatalità è una problematica che va tenuta sotto controllo perché il rischio è grande. Come? Prendendo ad esempio i paesi del Nord, più attenti alle politiche della famiglia

Mario Mignini Renzini

Negli ultimi dieci anni, in Italia, c’è stato un calo vertiginoso delle nascite: circa 130 mila nuovi nati in meno. In pratica è come se in questo lasso di tempo l’intera città di Monza fosse scomparsa. Non è un’esagerazione, ma quello della denatalità è una problematica, riemersa di recente dopo la pubblicazione di alcuni dati da parte dell’Istat, che sta assumendo dimensioni e caratteristiche allarmanti: “la società e lo stile di vita sono cambiati molto rispetto al passato e questo ha portato ad un innalzamento dell’età media in cui una donna decide di fare il primo figlio e anche al numero dei figli che una coppia decide di mettere al mondo – spiega il Dottor Mario Mignini Renzini, medico responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia e coordinatore clinico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza – questo significa che le generazioni future saranno sempre meno popolose e ci saranno sempre meno mamme e papà, arrivando a quella che gli studiosi chiamano trappola demografica, ovvero uno stallo nel cambio generazionale”, con le gravi conseguenze sociali che tutti possiamo ben immaginare.

A.A.A Genitori cercasi: “la società non prende in considerazione la famiglia”

L’inserimento nel mondo del lavoro avviene sempre più tardi, l’indipendenza economica fatica ad arrivare e, di conseguenza, il progetto famiglia viene posticipato ‘più in là’. E se poi, il bebè tanto desiderato arriva, una donna deve fare anche i conti con le problematiche relative al reinserimento sul lavoro, al budget familiare e molti altri fattori che, in qualche modo, ‘bloccano’ la voglia della coppia di dare un fratellino o una sorellina al primogenito.

Purtroppo la nostra società non tutela la famiglia da questo punto di vista, a differenza di quanto per esempio avviene nel Nord Europa – spiega Mignini Renzini – In Francia, c’è una riduzione delle tasse per ogni figlio nato, tanto per citarne una. In Italia, invece, non vengono presi dei sostanziali provvedimenti per incentivare le coppie a fare figli ed è un grave problema questo”.  Sì, perché, oggigiorno l’età media in cui una donna affronta la prima gravidanza è spesso intorno ai 35 anni e oltre ma, come sottolinea il medico degli Istituti Clinici Zucchi: “il momento di maggiore fertilità per una donna è tra i 20 e i 30 anni ed è bene ricordare che la fecondità non è infinita!”.

Voglia di un figlio, dopo i 40 anni?

E’ possibile oggi anche pensare per tempo di preservare la propria fertilità mediante la crioconservazione dei gameti, da mettere in atto nel periodo di maggiore fertilità , ovvero, nella donna tra i 20 ed i 30-35 anni.

Negli ultimi anni, la crioconservazione dei  gameti (ovociti e spermatozoi) ha progressivamente acquisito un ruolo sempre più ampio ed importante nei trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita: una tecnica innovativa – la vitrificazione – consiste nel raffreddamento dei tessuti e delle cellule fino a una temperatura di meno 196 gradi e il loro mantenimento, in azoto liquido, così da bloccare tutte le attività biologiche allo scopo di conservare quella cellula o quel tessuto nello stato presente alla crioconservazione ed evitarne così la degenerazione. La crioconservazione degli ovociti per preservare la propria fertilità – chiamato anche social freezing –  seppur ancora poco conosciuto, è uno dei fiori all’occhiello degli Istituti Clinici Zucchi e sono circa una quarantina le pazienti che si sono sottoposte a questa tecnica. Ovviamente, la crioconservazione degli ovociti non va intesa solo come un ‘vezzo’ a cui la donna può far ricorso per fare un figlio al momento più opportuno, ma è una pratica molto importante soprattutto nei casi più problematici: “pensiamo ad esempio ad un giovane adulto che scopre di avere una malattia oncologica, – specifica il Dottore Mario Mignini Renzini – la radioterapia e la chemioterapia possono danneggiare irreversibilmente la potenzialità riproduttiva e spesso portano all’infertilità: la crioconservazione dei gameti maschili (spermatozoi) o dei gameti femminili (ovociti) permette a questi pazienti, guariti dal cancro, di avere più possibilità riproduttive utilizzando i propri gameti crioconservati. Lo stesso avviene per molte malattie croniche come ad esempio l’endometriosi, che possono causare nel tempo una diminuzione della potenzialità riproduttiva della donna, e quindi beneficiare di una “preventiva” crioconservazione degli ovociti.

Per informazioni:
Ufficio Assistenza Domiciliare
Tel. 0362.986442
e-mail: adi.cb@grupposandonato.it

 

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