Sociale

Tagli ai centri antiviolenza per le donne di Monza, Brugherio, Lissone e Seregno

Regione Lombardia chiede a Cadom di sottoscrivere una Convenzione che secondo l'associazione viola la legge sulla privacy ed espone le donne a fornire dati sensibili in condizioni di vulnerabilità. Cadom viene esclusa dai finanziamenti per il prossimo semestre.

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Per le donne in pericolo Regione Lombardia prevede diktat e tagli ai finanziamenti. Cadom chiede invece la tutela della privacy delle donne che hanno subito violenze e il mantenimento dei fondi.

Quella del Centro Aiuto Donne Maltrattate è un’attività molto radicata sul territorio e storica: è da 25 anni infatti che gestisce queste situazioni delicate attraverso specifiche procedure. 180 donne accolte nel primo semestre 2019, 123 le donne che hanno avviato un percorso di uscita, 371 i colloqui individuali di accoglienza: “questo lavoro – chiarisce Cadom – non si improvvisa su un territorio”.

Regione Lombardia ha di fatto tagliato i finanziamenti per il prossimo semestre agli sportelli di Monza, Brugherio, Lissone e Seregno.

I MOTIVI

Alle richieste della Regione di fornire codice fiscale e altri dati sensibili delle donne che si rivolgono ai Centri antiviolenza, l’associazione non ha ceduto. Anzi, le ha definite “ricatti” perché violerebbero la legge sulla privacy, non considerando, tra l’altro, la condizione di massima vulnerabilità in cui riversano alcune donne.

“La stessa Intesa Stato – Regioni del 2014 decreta il rispetto dell’anonimato della donna. La Lombardia avrebbe quindi violato l’accordo con una direttiva non necessaria per l’analisi statistica – precisa Cadom – prevista dalla normativa”.

 

E ORA?

Cadom è costretta a lasciare gli sportelli di Lissone, Brugherio e Seregno. A Monza, sede storica, continuerà l’attività di accoglienza. Le altre tre sedi verranno affidate ai due Centri Antiviolenza di Rete Artemide che hanno accettato la Convenzione con la Regione: «Telefono Donna» e «White Mathilda».

L’appello è accorato: la richiesta di dialogo è ora rivolta ai 55 comuni brianzoli per il 2020-21. Servono risorse per la lotta alla violenza di genere. Le donne violentate non possono essere lasciate sole, esposte all’assenza di anonimato, o lasciate a sè stesse nel mezzo di percorsi di uscita dai centri.

 

LA BAGARRE

A fianco dell’organizzazione arriva il sostegno di Forum Terzo Settore di Monza e Brianza e altre sigle.

Laura Capelli, assessore ai Servizi alla persona del Comune di Seregno, si è scagliata contro il Comune di Monza per aver messo “in difficoltà il servizio attivo sul territorio di Seregno, che riguarda persone fragili per il passaggio di vita che stanno attraversando”.

L’opposizione PD attacca l’amministrazione Allevi come “silente, supina e spettatore inefficace di un’operazione delicata e complessa”.

Dal Comune l’assessore alle politiche sociali Désirée Merlini fa sapere di aver aperto un dialogo con la Regione “per superare l’empasse del codice fiscale”. L’obiettivo sarebbe quello di garantire “oltre all’anonimato – spiega Merlini – anche la trasparenza della rendicontazione e la miglior tutela possibile per le vittime attraverso la generazione di un fascicolo personale di ‘proprietà esclusiva’ della vittima stessa e con diritto all’oblio in ogni momento”. Ringrazia poi la collaborazione di molti” per il mantenimento del “presìdio degli sportelli”, ma accusa altri di non aver cooperato abbastanza, sottolineando che la collaborazione è stata “non di tutti”.

Nel frattempo Cadom scrive una lettera aperta a tutte le consigliere comunali dei Comuni di Monza e Brianza, definendo “schedatura” la richiesta dei dati sensibili da parte della Regione.

“Vogliamo continuare ad essere un luogo sicuro – chiede Cadom – per le donne che chiedono aiuto, non vogliamo diventare un centro di erogazione servizi in emergenza“.

 

Articolo di Ludovico Di Muzio

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