Attualità

Sergio Bramini: tradito dalla politica e deluso dal tribunale

L'imprenditore cinese che si è aggiudicato l'asta alla fine comprerà casa sua. "Mi hanno tolto tutto, ma finché avrò voce, continuerò a lottare".

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Deluso, amareggiato, arrabbiato. Cosí ha raccontato di sentirsi Sergio Bramini, imprenditore monzese fallito con 4 milioni di euro di crediti dallo Stato, dopo aver avuto la conferma che l’imprenditore cinese che aveva detto di non voler comperare la sua villa all’asta dopo aver appreso la sua storia, invece la comprerà.

“E pure questa vigliaccata, quando ha finto di ritirarsi l’ho abbracciato”, ha detto Bramini “ho perso i risparmi di una vita con la complicità di un giudice che autorizza un’asta irregolare“. Poi ha aggiunto, “troppo odio nei miei riguardi”. L’imprenditore, che a Sergio ha detto di aver sperato che l’asta fosse annullata, gli ha anche poi confermato che comprerà la sua villa, a fronte di “problemi futuri che rischierebbe di avere” se non lo facesse. Bramini però, oltre che per quella villa costruita con il sudore di una vita, per cui ha lottato ogni giorno da quando gli hanno intimato lo sfratto, è arrabbiato anche per altro.

Quando il suo caso è esploso, la politica si è mossa in sua difesa, con i leader di M5s e Lega al suo fianco persino la sera prima dello sloggio forzato da casa sua. Poi la proposta di diventare consulente del Governo per lavorare a una legge in difesa degli imprenditori falliti per colpa dello Stato. E, ancora, l’idea di una possibile candidatura dello stesso Bramini. Ma di quanto la politica ha promesso, Sergio oggi riesce a vedere solo il burrone infilato, per gli imprenditori come lui, nel disegno di legge presentato a firma di vari esponenti politici, tra gli altri i senatori della Lega Nord Emanuele Pellegrini, Massimiliano Romeo, Simone Pillon. “Una proposta dove gli avvocati dei creditori potranno esplorare i beni del debitore e firmare decreti ingiuntivi senza passare da un giudice”, spiega Bramini con voce mista tra stupore e profonda delusione “Esattamente il contrario di ciò di cui ha bisogno gente come me, essere alla mercé di un sistema ancora meno tutelante, non ho parole”. Insomma, la sua riforma del famigerato articolo 560 della Legge sui fallimenti è stata affossata dal Governo giallo-verde.

Sergio, bandiera dei lavoratori finiti a gambe all’aria non per loro colpa, sul palco dei Cinque Stelle nel giorno della vittoria elettorale, oggi della politica ha deciso di non far parte. “Non fa per me, fine dei giochi”. Ora resta da capire cosa succederà, dato che a fine 2018 il Tribunale di Brescia aveva riconosciuto a Bramini il sovraindebitamento, di fatto bloccando ogni procedura esecutiva a suo carico.

“Il Tribunale di Monza ha fatto orecchie da mercante, come se non fosse accaduto” ha continuato all’imprenditore, “mi ha ordinato di portare via i mobili che non vogliono da casa o li getteranno via”.

Deluso ma mai sconfitto, Bramini promette di continuare la sua battaglia – “ho sollevato un velo mostrando cosa succede nei Tribunali fallimentari e loro vogliono punirmi. Mi hanno tolto tutto, ma finché avrò voce, continuerò a lottare”.

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