Attualità

Mafia in Brianza: dal cemento ai rifiuti. Ecco il secondo rapporto dell’Università di Milano

La presenza della malavita nei nostri territori, i suoi modi di operare studiati dai ricercatori e suddivisi in vari servizi di approfondimento.

giussano-spaccio foto carabinieri seregno

Il ruolo che le organizzazioni mafiose giocano nell’ambito dell’economia legale, le attività economiche di loro più larga e tradizionale infiltrazione sono l’oggetto dell’indagine del secondo rapporto sulla presenza mafiosa in Lombardia redatto dall’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano. Nello studio, oltre alla criminalità italiana in Lombardia, nel milanese in particolare è in Brianza, si parla anche della nuova criminalità organizzata straniera, partendo da capitoli che analizzano come “studi di settore”. Il primo riguarda il “ciclo del cemento, della terra e dei rifiuti”, che rappresenta quasi per definizione la sede degli investimenti mafiosi. L’edilizia rientra storicamente tra gli interessi dei clan, tanto che lo scioglimento di giunte comunali per infiltrazioni mafiose è spesso associato a una gestione incauta e, talora scellerata, delle commesse e degli appalti pubblici nel settore. Come sostiene uno studio di Legambiente ” il cemento delinea la camera di compensazione tra mafia, economia criminale e pubblica amministrazione infedele”. I dati provenienti dalle forze dell’ordine in materia parlano chiaro. Raccolti e rielaborati nel 2018 confermano un sistema di illegalità diffuso nel settore. Il dato complessivo regionale segnala 253 infrazioni, 319 le denunce, 45 sequestri e, dato significativo, nessun arresto, in regione Lombardia. Nella classifica italiana, per mala nel ciclo del cemento e dei rifiuti, la Lombardia è quinta, prima tra le regioni del Nord. In questo settore rientra anche l’edilizia, notoriamente in grado di garantire alle organizzazioni mafiose che vi investono una “preziosa” gamma di vantaggi. Innanzitutto, l’impresa edile mafiosa è per definizione una strategica “centrale di collocamento”, in grado di offrire posti di lavoro non specializzati e, di conseguenza, di legittimare il proprio potere sui territori settentrionali in cui agisce. Diviene pertanto un soggetto alternativo in grado di “dare lavoro”, accumulando non solo profitti, ma anche
consenso sociale.

La vicenda che nel 2008 ha visto protagonista l’azienda Perego Strade di Cassago Brianza costituisce, in tal senso, un esempio calzante. In quel caso la ‘ndrangheta, rappresentata inizialmente dal boss Salvatore Strangio e poi da Rocco Cristello, aveva utilizzato la notorietà e, soprattutto, le commesse della Perego per garantire ai padroncini calabresi lavori sparsi in tutta la regione. Sarebbero state 150 le famiglie di compaesani “mantenute” dal “sistema Perego,” strategicamente organizzato dagli uomini del clan con il supporto diretto del titolare dell’impresa.
Ancora, le costruzioni rappresentano per i boss il bacino occupazionale di riferimento, garantendo loro una copertura stabile rispetto agli affari illegali condotti. Grazie alla scarsa specializzazione richiesta, infatti, quello di muratore può essere ad oggi considerato il mestiere di punta per gli ‘ndranghetisti. È dall’analisi delle principali inchieste della magistratura che emerge questa particolare specializzazione professionale riconducibile ai boss nel settore, la quale sembra essere trasmessa di padre in figlio, seguendo un processo di trasmissione ereditaria dei percorsi lavorativi da una generazione all’altra. Non è pertanto un caso che su 85 indagati nell’ambito del più grande procedimento contro la ‘ndrangheta nella regione, ormai comunemente noto come “Infinito”, siano in 31 a essere occupati nell’edilizia. Questa specializzazione professionale sottende una profonda conoscenza del settore da parte degli uomini dei clan, frutto di una esperienza consolidata negli anni. In tal senso, la ‘ndrangheta “occupa il settore”, il quale, a differenza di altri, rappresenta qualcosa di più rispetto a un semplice campo di investimento: ne è prima di tutto fonte primaria di forza lavoro (interna ed esterna
all’organizzazione), soggetto portante nella gestione dei corregionali che nell’edilizia sono frequentemente impiegati e minaccia per quegli imprenditori locali che seguono le regole concorrenziali alla base del funzionamento di un
mercato.

Un altro vantaggio fondamentale legato al settore riguarda appunto la possibilità di controllare il territorio, grazie soprattutto alla presenza fisica dei clan all’interno dei cantieri. Si presenta così alle ‘ndrine l’opportunità di sviluppare maggiormente un requisito essenziale del modello mafioso, il quale si manifesta arttraverso la “naturale” capacità intimidatoria riconducibile alle organizzazioni mafiose. Essa si configura come l’arma vincente nelle mani dei clan a discapito degli imprenditori che agiscono legalmente. L’edifilizia è quindi il terreno su cui si incontrano tre figure, che daranno vita all’illecito sodalizio: il criminale, l’imprenditore (a volte la medesima persona) e il politico locale.

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