Sociale

Oxfam: “Basta sfruttare il lavoro agricolo: più trasparenza da parte dei supermercati”

A Vimercate una serata dedicata al tema dello sfruttamento dei braccianti che parte (anche) dalle ambizioni economiche della grande distribuzione.

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“Chiedete ai supermercati di essere più trasparenti”. Semplice e diretto l’appello che Giorgia Ceccarelli di OXFAM Italia ha lanciato martedì sera in biblioteca a Vimercate sul delicato tema dei diritti dei braccianti.

L’occasione è stata l’evento organizzato in auditorium (colmo per l’argomento sociale sentito) da OXFAM (confederazione di organizzazioni presenti in 90 paesi del mondo che analizzano, tra gli altri, temi di ingiustizia e sfruttamento globale), con il gruppo di acquisto solidale GASpaccio di Concorezzo e Vimercate, insieme all’associazione Minerva di Concorezzo.

A moderare gli interventi dei relatori c’era Alfredo Luis Somoza, giornalista impegnato attivamente su svariati sotto ambiti del sociale. Obiettivo, provare a fare luce sulle dinamiche di sfruttamento dei lavoratori delle filiere agroalimentari. Una rete oscura di cui la grande distribuzione organizzata si rende complice da anni, proponendo prezzi a volte fin troppo concorrenziali. “A farne le spese” è in questi casi l’ultimo anello della catena, su cui si riversano inevitabili le conseguenze della logica del profitto ad ogni costo degli imprenditori delle grandi catene della distribuzione organizzata.

“Oxfam Italia a fine novembre ha lanciato una campagna di sensibilizzazione sullo sfruttamento lavorativo di braccianti e operai – ha spiegato Giorgia Ceccarelli, policy advisor per la sicurezza alimentare di OXFAM Italia – Questa iniziativa è sostenuta da un rapporto di ricerca che OXFAM ha realizzato sui supermercati della grande distribuzione italiana, e prima ancora a livello globale, durante l’anno scorso.

Il rapporto analizza attraverso i criteri di approvvigionamento dei mercati, quali sono le asimmetrie di potere per cui, sul campione di supermercati preso in esame, il prezzo pagato dal consumatore va per il 50% ai supermercati e il 6-8% all’agricoltore e di conseguenza ai lavoratori.

Sulla base di questa disuguaglianza ci siamo chiesti cosa succede in Italia, dove il tema del caporalato (fenomeno diffuso non solo nel sud Italia, contrariamente all’opinione) è noto specialmente alle cronache d’estate. Molte colture, come si sa, richiedono manodopera per brevi periodi stagionali. Lì si innesca lo sfruttamento del caporale, che deduce una parte del salario del bracciante per lucrarci, oltre a sorvegliarne la vita, decidendo quando farlo lavorare.

Con la Legge del 2016 sul caporalato si è fatto già un passo importante verso maggiori controlli sulle pratiche dello sfruttamento, anche se questi andrebbero fatti preventivamente, a monte, e non quando le tragedie che conosciamo tutti sono già accadute“. Un modo per provare ad affrontare il problema è, dal punto di vista del consumatore, quello di iniziare ad accorciare i passaggi dal produttore al consumatore finale, appunto. Rivolgendosi per esempio ad aziende agricole che vendono direttamente al dettaglio.

“L’azienda che conduco si trova vicino ad un’area a grande intensità di centri commerciali, che a breve vedrà la nascita di un ulteriore polo commerciale a Segrate che dovrebbe diventare il più grande d’Europa – ha dichiarato Daniele Fedeli dell’Azienda Agricola Corbari di Cernusco sul Naviglio – Ed è chiaramente una rincorsa al prezzo sempre più basso che ricade negativamente sui produttori del territorio, oltre che sul tessuto urbano. Ecco, l’azienda che gestisco, attiva dagli anni “70 nell’ambito della produzione e vendita delle colture biologiche, nei primi anni all’ingrosso, si muove ora in una logica completamente differente. Da quando cioè con il mio socio l’ho rilevata, nel nostro spaccio vendiamo esclusivamente al dettaglio, se si esclude l’approvvigionamento per la grande ristorazione di Milano. E su questo canale ci siamo accorti della grande sensibilità di alcuni ristoratori nella selezione dei prodotti, paragonabile addirittura a quella dei Gruppi di Acquisto. Alcuni hanno persino modificato l’orientamento della propria cucina sulla base della materia prima. Infine, negoziamo anche con i Gruppi di Acquisto Solidale. Un modello, il nostro, che possiamo dire funzioni, e oltretutto regolarizzato visto che i nostri dipendenti sono tutti assunti con contratto”.

Un canale, quello della filiera corta, da cui attingono proprio i GAS, gruppi di persone riuniti in associazioni che si ritrovano per comprare esclusivamente da aziende agricole, chiedendo ragione dei prezzi di vendita dei prodotti con l’obiettivo di iniziare a cambiare la mentalità di acquisto. E concordando con i produttori, spesso e volentieri, prezzi maggiori rispetto a quelli garantiti dai supermercati.

A ribadire l’intento di questi gruppi ci ha pensato Sonia Visconti, presidente di GASpaccio, che riunisce una quarantina di soci. “Clienti solidali” di Concorezzo e Vimercate, che si guardano bene dall’aderire alla logica dei maxi sconti delle grandi catene di distribuzione alimentare.

I supermercati devono assicurare la trasparenza garantendo che il prodotto sullo scaffale sia libero dallo sfruttamento – ha commentato Giorgia Ceccarelli – Rivoltata dalla parte dei consumatori, si può sempre comprare pensando al fatto che il prodotto per cui spendiamo 4 centesimi in più è libero da sfruttamento“.

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