Cultura

La Sagra della Patata compie 50 anni: “Ecco come tutto iniziò”

Angelo Mauri, uno dei fondatori: "Vi racconto come il Conte Gallarati Scotti ci diede 200mila Lire per cominciare e aprì i cancelli della sua villa alla comunità

Oreno-Sagra-Patata

Mezzo secolo di storia, aneddoti, ricordi, celebrazioni, tutti racchiusi in una delle sagre più conosciute di tutta la Brianza: la Sagra della Patata di Oreno quest’anno compie 50 anni.

L’instancabile Circolo Culturale Orenese è già da tempo al lavoro sul programma dell’evento di settembre, che verrà reso noto nei prossimi giorni. Quel che è certo è che quella di quest’anno sarà un’edizione indimenticabile.

EDIZIONE SPECIALE

Tra le novità speciali, il reinserimento, dopo 15 anni, della rievocazione del Giuramento di Pontida, a seguito del quale nacque nel 1167 la Lega Lombarda contro l’oppressione dell’imperatore Federico Barbarossa: un’intesa resa possibile grazie al lavoro di Pinamonte da Vimercate, le cui gesta verranno così ricordate durante la rievocazione. A ciò si affiancherà il consueto corteo storico, lo spettacolo della Dama Vivente e tutto quello che gli spettatori attendono ormai da anni durante la prima settimana di settembre. Il tutto, con una sola protagonista indiscussa, la Patata di Oreno, meglio conosciuta come Biancona: durante l’evento, infatti, Oreno sarà gremito di bancarelle in cui sarà possibile degustare piatti a base di questo caratteristico tubero.

La Biancona sarà anche la protagonista del libro che sarà presentato durante la kermesse, “L’oro di Oreno”, scritto da Paolo Fumagalli. Nel volume verranno presentate ricette, aneddoti e importanti racconti storici che testimoniano l’importanza e il valore che questo tubero ha ricoperto negli anni per la comunità e non solo.

“TUTTO INIZIÒ CON UN SOGNO E 200MILA LIRE”

«Ne ha sfamate di persone la Biancona – racconta Angelo Mauri, uno dei fondatori della Sagra ed eletto Presidente Onorario del circolo accanto alla presidentessa Mara Balconi – Era il 1966 quando abbiamo deciso di buttarci in questa avventura: eravamo giovani, avevamo tanti grilli per la testa, volevamo cambiare il mondo. Così abbiamo fondato il Circolo e siamo andati dalle Istituzioni a spiegare che volevamo organizzare la sagra. All’epoca ci guardavano male, eravamo ragazzotti ingenui, per di più provenienti da una frazione. È stato il Conte Gallarati Scotti a credere in noi: ci ha dato 200mila Lire per organizzare l’evento e grazie a quelle siamo qui ancora oggi a raccontarla. Per questo, durante la prima edizione, il Conte ha aperto i cancelli della sua villa e ha permesso alle autorità di entrare nell’immenso giardino: ci fu un discorso di benvenuto, il ringraziamento, il rinfresco offerto da lui. Fu molto suggestivo e un evento rarissimo».

«Gli anni dopo, rincuorati e sorpresi da come erano andate le cose, abbiamo proseguito – prosegue Mauri – Sono stati anni di rivalsa: volevamo dimostrare che ce la potevamo fare e lavoravamo sodo: costruivamo a mano noi gli stand, andavamo porta a porta a chiedere i contributi per scrivere e stampare i cosiddetti “Numeri unici” volumi in cui raccontavamo tutto quello che c’era da sapere sul territorio, sui nostri valori, sulle tradizioni. E a giudicare da come sono andate le cose, ce l’abbiamo fatta: dobbiamo molto alla patata di Oreno, è stato un mezzo con cui abbiamo poprtato avanti le nostre idee».

Da allora molto è cambiato, ma lo spirito che anima la Sagra, quello di festa, comunione e integrazione è rimasto intatto.

«Di aneddoti da raccontare ce ne sarebbero un’inifinità – conclude Mauri – Non dimenticherò mai l’anno in cui eravamo tutti pronti ai blocchi di partenza; la sagra durava solo sabato e domenica, con inizio alle 14. Alle 14 ha iniziato a piovere così forte che noi eravamo distrutti. Abbiamo dovuto rimandare tutto, con il cuore a pezzi. E poi, l’anno in cui c’è stata l’epidemia di peronospera, una malattia che ha attaccato tutte le patate, facendole marcire. In generale, ci sono stati momenti bellissimi e altri in cui abbiamo trattenuto il fiato sospeso, ma in generale mi sento di dover ringraziare questo tubero, che ci ha dato tanto er tanto continuerà a dare alla nostra comunità».

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