Carate, airone impigliato in un amo e femore rotto. Enpa ai pescatori: “Non abbandonate lenze”

ENPA prende spunto da una serie di brutti episodi per condannare il vizio dei pescatori di abbandonare in giro lenze e ami, che in numerose occasioni hanno provocato ferite e anche morte tra la fauna selvatica.

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Poteva andare ben peggio all’airone, ennesima vittima della pessima abitudine dei pescatori di abbandonare lenze e ami nell’acqua o sulle rive dei fiumi. Se si salverà sarà grazie alla vista di lince e al pronto intervento di una coppia di Carate Brianza.

I FATTI

Domenica pomeriggio 15 aprile, dal balcone della loro casa nella località di Realdino, Angela e il marito Pasquale avvistano, come spesso succede, l’airone che ha l’abitudine di sostare su uno scoglio sul greto del fiume Lambro. Ma questa volta c’è qualcosa che non va: anziché stare ben diritto sulle zampe, l’animale è immobile, accasciato con le ali aperte, e non si muove neppure quando la coppia, preoccupata, si avvicina.

Dopo aver contattato l’ENPA di Monza e Brianza, lo adagiano in uno scatolone e lo portano al rifugio di Monza. Qui è subito evidente la presenza di un grosso amo da pescatore conficcato nelle dita di una zampa che viene prontamente e delicatamente rimosso.

A questo punto l’animale, un airone cinerino (Ardea cinerea), chiamato così per la splendida livrea grigia e bianca, viene trasportato da una volontaria ENPA al Centro Recupero Animali Selvatici a Vanzago (MI), gestito dal WWF.

Qui viene diagnosticata la frattura di un femore, mentre le ali sembrano in buono stato. L’ipotesi è che a causa del dolore e del fastidio causato dall’amo, l’animale non sia riuscito a reggersi bene sulle zampe e sia caduto rovinosamente, fratturandosi la zampa.

Ricoverato al CRAS, la speranza è che possa rimettersi completamente e poter così tornare al più presto al suo Lambro dall’inseparabile compagna.

QUASI UN BOLLETTINO DI GUERRA

Non è la prima volta che ENPA si trova a fare i conti con i danni causati alla fauna selvatica dalla negligenza o indifferenza dei pescatori. Nel novembre 2016 è stata la volta di un gabbiano, recuperato a Monza e poi morto per colpa di una lenza abbandonata che si è attorcigliata sul corpo e sul becco, quasi tranciandogli una zampa.

A maggio 2017 abbiamo soccorso una grossa tartaruga sulla sponda del Lambro in centro Monza: presentava un foro nella parte inferiore del becco, probabilmente provocato da un amo da pesca.

A ottobre 2013 tocca a una gallinella d’acqua che ha rischiato di perdere la zampa o, peggio, morire di stenti al parco Increa di Brugherio (MB): un lungo pezzo di filo di nylon da pesca si è attorcigliato alla zampa destra e mentre lei se lo trascinava dietro si è impigliato al ramo di un cespuglio, bloccandola completamente.
A febbraio 2013 è arrivato in ENPA un esemplare di germano reale con del filo di nylon attorcigliato alle le zampe, alle ali e a buona parte del corpo. Il filo aveva danneggiato nervi e circolazione di una zampa che è stata purtroppo amputata. Impossibilitato a tornare nel suo habitat naturale, è stato affidato a un privato in un contesto idoneo.

A luglio 2017 a Monza due merli sono stati trovati appesi al ramo di un albero fuori dal nido, a testa in giù e con le zampette legate insieme con un filo di nylon. Uno ce l’ha fatta, l’altro no.

L’APPELLO DELL’ENPA

ENPA prende spunto da tutti questi brutti episodi per condannare il vizio dei pescatori di abbandonare in giro lenze e ami, che in numerose occasioni hanno provocato ferite e anche morte tra la fauna selvatica, ma ricorda altresì che possono essere altrettanto pericolosi anche oggetti apparentemente innocui, come i lacci dei sacchi della spazzatura.

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