Politica

CGIL e CISL: ecco gli Stati Generali dell’Accoglienza per sconfigge la paura

Agli Stati Generali dell'Accoglienza che si sono svolti a Monza il 5 febbraio si è parlato di immigrati in Brianza. Come sconfiggere la paura spesso ingiustificata?

Conferenza CGIL CISL Monza

La paura, quella nei confronti degli immigrati, va sconfitta. E per farlo CGIL e CISL Monza e Brianza hanno organizzato il 5 febbraio Gli Stati Generali Dell’Accoglienza. Perchè la paura si sconfigge innanzitutto con l’informazione.
«Si sente sempre parlare di emergenza. In realtà la situazione – dichiara Mirco Scaccabarozzi, segretario CISL Monza e Brianza- è stazionaria. Al momento, in tutta la Brianza si parla di meno di 2000 ospitati. Il primo passo è distruggere la “mitologia” della paura che sta creando fobie sociali che rischiano di sfociare in vera e propria violenza come a Como e a Macerata».

La paura che nasce dalla non conoscenza deve quindi essere setacciata partendo da chi amministra e gestisce l’immigrazione come la Prefettura ma anche dalle stesse amministrazioni locali. «Ci vuole più coraggio, da parte di tutti noi- ribadisce Simone Pulici, segretario CIGL di Monza e Brianza- Spesso fa comodo individuare nella figura del Prefetto l’unico responsabile, nel bene e nel male, ma questo atteggiamento serve solo a deresponsabilizzare la politica».

Simone Pulici segretario CGIL Monza

Alcuni numeri 

La Prefettura di Monza fornisce dati aggiornati a fine novembre 2017, dove si evince che al momento non c’è nessuna emergenza e, pur considerando sempre le difficoltà che possono esserci per una corretta integrazione, siamo ben lontani dal “pericolo” che viene percepito. Alcuni esempi. A Monza, che conta 122.671 abitanti, il numero degli accolti è pari a 444, per un’incidenza ogni 1000 abitanti del 3,62. Gli altri paesi brianzoli, con una densità di popolazione molto più bassa, hanno numeri senz’altro diversi: si parla di, per comprendere la reale entità dei fatti, 9 accolti a Biassono, 19 a Meda, 30 a Desio. La Brianza oltretutto, grazie alla sinergia tra prefettura, associazioni pubbliche e private e amministrazioni locali, gode anche di un sistema di accoglienza eccellente che considera tutti gli aspetti di un inserimento, non solo strettamente fisico ma anche sanitario e culturale.

«Abbiamo “costretto” i migranti a seguire dei corsi di italiano di un certo livello, senza accontentarci di un parlare stentato – interviene Giovanna Vilasi, il Prefetto –  Sono convinta che si possano intraprendere anche percorsi professionalizzanti, ma la conoscenza fluida della lingua italiana è essenziale. Tutti, anche i nostri giovani, preferirebbero dormire la mattina. Ma devono essere stimolati. La Prefettura è sempre stata in prima linea, senza voler fare vittimismo, ma spesso ci siamo sentiti in trincea».

La paura sanitaria

Il percorso di accoglienza degli immigrati comincia da uno screening medico, come confermano anche la Dottoressa Rosa Maria Tortorella e il Dottor Giovanni Fioni, intervenuti come rappresentanti della ATS della Brianza ufficio di Medicina Interculturale. Già, perché tornando al tema della paura da parte di chi accoglie, quella che riguarda le possibili malattie trasmissibili è una delle più grandi. «Il nostro obiettivo è stato creare una struttura ad hoc per questo argomento e per queste visite. Siamo riusciti a mettere 40 medici di base intorno ad un tavolo per creare una buona prassi, e buona prassi significa integrazione. Le persone appena arrivate- spiega il Dott. Fioni- hanno senz’altro bisogni sanitari individuali ma abbiamo anche due protocolli di valutazione iniziale da parte del personale sanitario HUB per sorvegliare sintomi di rilevanza dermatologica (pruriti, ecc.) e altri accertamenti toracici». Un sistema, quello brianzolo, che ha funzionato introducendo anche la figura del PEER, un gruppo misto tra operatori di ATS Brianza e operatori del territorio che si occupano di prima accoglienza per un’attenzione anche di inserimento psicologico dell’immigrato.

E in Europa?

Se in Brianza, seppur con tutte le criticità sottolineate dai vari relatori in campo, l’accoglienza è, a tutti gli effetti, un indice positivo anche economicamente parlando, a parlare dell’Europa è Marco Cilento, visor CES. «Il dibattito sulla questione dei flussi migratori, in Europa è inquinato, le burocrazie e l’ottica intergovernativa di gestione sono in conflitto e anche l’Europa è bloccata da tante paure». Per esempio, racconta Cilento, la Romania ha privatizzato il lavoro di accoglienza e questo non aiuta a far uscire dall’irregolarità. L’Europa deve imparare a distinguere meglio le due fasi: gli sbarchi che necessitano di un’azione immediata, e la successiva gestione politica dell’immigrato. Un esempio chiaro sono le leggi sull’immigrazione degli Stati che non aiutano la reale integrazione. Parlando con gli imprenditori Cilento ha notato la titubanza a metterli anche solo in prova. Perché se un immigrato viene preso per uno stage di 6 mesi, anche se dovesse risultare bravo, lo stato non garantisce che potrà rimanere o se sarà spostato. «In Svezia e Germania- continua il visor CES- vengono date più garanzie, a cui l’Italia dovrebbe ispirarsi».

La paura è soprattutto la loro

Oltre ai numeri, alle statistiche, agli interventi socio-sanitari, ci può essere un altro modo per “scacciare la paura”. Lo racconta Roberto D’Alessio – rappresentante di RTI Bonvena -, che mette in conto anche le fragilità degli immigrati che, in Italia, provengono da ben 52 paesi diversi. Persone che non sempre riescono ad essere informate. «L’esperienza nuova dei nostri operatori è offrire servizi, parlando due lingue ed essendo disponibili 24h su 24h. Può una persona per trovare un lavoro andare a casa d’altri? C’è un metro quadro di questa provincia che non sia di un Comune? Non è anche questo “spostarsi”? Dobbiamo interrogarci nel profondo».

 

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