Politica

“Ius soli”? Il sì (senza digiuno) di Rampi, Civati e Ricchiuti

Abbiamo interpellato i deputati Roberto Rampi e Pippo Civati e la senatrice Lucrezia Ricchiuti sullo "ius soli" e lo sciopero della fame per farlo approvare.

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Dallo scorso 3 ottobre migliaia di italiani, tra i quali molti docenti, parlamentari (un centinaio) e attivisti politici, hanno digiunato per almeno un giorno a sostegno della nuova Legge sulla cittadinanza, approvata alla Camera dei deputati ma bloccata al Senato a causa del rischio di essere bocciata assieme al Governo Gentiloni. È difatti una Legge così discussa, controversa, divisiva, da mettere a repentaglio la tenuta dell’Esecutivo, tentato dal chiedere la fiducia data la mole di quasi 5mila emendamenti, presentati perlopiù dalla Lega nord, che impedirebbero l’approvazione della stessa nell’ultimo scorcio di legislatura.

È una Legge, quella chiamata dello “ius soli” (per la verità piuttosto impropriamente in considerazione delle numerose e importanti modifiche apportate in sede di dibattito parlamentare), che è sostenuta dal Partito democratico, ma che riscuote i favori solo delle forze politiche più alla sua sinistra, come Articolo 1 – Movimento democratico e progressista e Sinistra italiana.

La riforma della Legge 91/1992 sulla cittadinanza prevede che possa diventare italiano chi nasce sul territorio nazionale da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente (per i cittadini dell’Unione europea) o del permesso di soggiorno di lungo periodo (per i cittadini extracomunitari) che è a tempo indeterminato. Ciò implica che sia legalmente residente in Italia da almeno 5 anni. Se il padre o la madre non appartengono a uno dei Paesi dell’Ue, per far scattare lo “ius soli” sarebbero necessari altri tre requisiti: reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti previsti per Legge e superamento di un test di lingua italiana. In alternativa alla cittadinanza per nascita, il Disegno di Legge sullo “ius soli” permette anche una seconda strada: quella collegata all’istruzione. La cittadinanza italiana scatterebbe per i minori stranieri nati in Italia o che vi siano arrivati entro i 12 anni di età se hanno frequentato regolarmente un percorso scolastico per almeno 5 anni sul territorio nazionale. Cioè uno o più cicli del sistema nazionale di istruzione, percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi le scuole primarie l’iter scolastico, al fine dell’ottenimento della cittadinanza, dovrebbe essere concluso positivamente.

Abbiamo dunque chiesto ai tre parlamentari di Monza e Brianza di sinistra se aderiranno alla sciopero della fame, se approvano la Legge e come la cambierebbero se potessero farlo.

roberto rampi

“Pur rispettando la scelta di chi ha aderito allo sciopero della fame di almeno un giorno – ha risposto l’onorevole vimercatese Roberto Rampi, del Pd – penso che un parlamentare non debba sollecitare l’approvazione di una Legge giusta, ma approvarla. Un cittadino comune fa benissimo a digiunare per protesta, un attivista politico idem, e io sono contentissimo che giovani del Pd lo facciano, ma come deputato credo invece di doverla varare la Legge. Sono iniziative che servono a sollecitare le istituzioni, quindi se digiunassi lo farei contro me stesso. Personalmente mi batto per lo ‘ius soli’ da tempi non sospetti, cioè da quando ero vicesindaco di Vimercate. Credo comunque che l’approvazione della Legge sulla cittadinanza sia un risultato ottenibile prima della fine della legislatura. Penso che sia stato fatto un pasticcio comunicativo, perché più che di ‘ius soli’ si tratta di ‘ius culturae’. Si tratta di riconoscere di diritto a dei minori che vivono in Italia e vanno a scuola in Italia la cittadinanza italiana che già hanno di fatto. Sono persone che conoscono solo l’Italia, non altri Paesi. È ovvio che quando compirebbero 18 anni chiederebbero la cittadinanza italiana, per cui non si capisce perché non dovremmo concederla già adesso. E non capisco perché questa Legge non la votino tutti, in particolare quelli del Movimento 5 stelle: coi loro voti ‘passerebbe in carrozza’. Dopo l’approvazione della Legge di bilancio penso che comunque sarà calendarizzata e riuscirà lo stesso a essere approvata, forse con un voto di fiducia. Nonostante qualcuno mi abbia detto che non è una priorità. Io dico che è una questione di giustizia. E ritengo che sia pericoloso estromettere degli individui da una comunità. Infatti, se fosse stato per me, avrei approvato una Legge ancora più netta e lineare a favore degli stranieri residenti in Italia”.

PIPPO CIVATI A MONZA

Più a sinistra di Rampi c’è l’onorevole monzese Giuseppe “Pippo” Civati, fondatore e segretario di Possibile, i cui rappresentanti a Montecitorio siedono nel gruppo della Sinistra italiana, dunque all’opposizione. “È bizzarro che lo sciopero della fame lo facciano quelli che sono al Governo – è stato il suo commento a caldo – È una Legge ferma da due anni per cui è già da due anni che stanno scioperando… Hanno perso una marea di tempo: mi sembra ipocrita da parte loro mettersi a digiunare. Lo ‘ius soli’ è una norma di civiltà. Si tratta di dare la cittadinanza italiana a bimbi che vivono in Italia. Nel Disegno di Legge che attende di essere calendarizzato al Senato ci sono per me fin troppe condizioni. Non è sufficiente essere nati nel nostro Paese. Non è sufficiente che i genitori vivano in Italia e lavorino in Italia. È un Ddl di compromesso. Ciò nonostante noi come Possibile, ma anche come gruppo di Sinistra italiana, lo voteremmo subito. Gira voce, tra l’altro, che il Governo chiederà la fiducia anche su questo provvedimento. Beh, noi siamo disposti a votare anche la fiducia pur di farlo passare in questa legislatura”.

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Chi attende di votare il Ddl è la senatrice desiana, di Articolo 1 – Mdp, Lucrezia Ricchiuti, che non ha aderito allo sciopero della fame: “A differenza del mio collega senatore di Mdp, Paolo Corsini, non digiuno perché, pur essendo quella organizzata dalla Rete ‘Insegnanti per la cittadinanza’ una buona iniziativa, non c’è niente che osti a portare in aula a Palazzo Madama il Disegno di Legge. È vero che ci sono 5mila emendamenti della Lega, ma basterebbe votarlo senza se e senza ma. Insomma, tutto è utile, anche lo sciopero della fame, per una giusta causa, ma in questo caso la questione è semplice: il Pd, che è quello che decide l’ordine dei lavori, deve solo calendarizzare il Ddl e farlo votare. Che non ci sia una maggioranza è tutto da vedere. Il testo è stato già approvato dalla Camera nell’ottobre del 2015. Da due anni lo abbiamo in ballo e io credo che sia un provvedimento assolutamente necessario da approvare. Al contrario di quanto sostiene la Lega, che sta conducendo una battaglia violenta, basata sulla paura, populista, razzista, insomma sbagliata. I cittadini devono sapere che stiamo negando la cittadinanza a 800mila figli di immigrati, il cui lavoro in Italia fa crescere il Prodotto interno lordo di 38 miliardi di euro. Tra l’altro non stiamo parlando di una nuova Legge, ma di modificare una Legge che esiste già, quella del 1992. Siccome la politica è l’arte del compromesso, quello che viene inserito alla fine non è il principio dello ‘ius soli’, ma solo quello dello ‘ius culturae’. Infatti, se fosse stato per me, avrei dato la possibilità di diventare cittadini italiani a una platea più vasta di minori, perché avrei compreso i figli di coloro che purtroppo non hanno lavoro o lo hanno perso o che non hanno una casa”.

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