Cultura

Centri islamici, il Comune: “A Monza nessuna falsa moschea”

La legge regionale stabilisce controlli urbanistici più severi sui centri e i luoghi di culto islamici. A Monza le verifiche del Comune. "Nessuna equiparazione con le moschee" assicura l'assessore Colombo.

centro-islamico2-mb (Copia)

Monza val bene il salat, la canonica preghiera islamica. Il Comune capoluogo della Brianza, parafrasando una famosa frase del re Enrico IV di Francia, si mostra al fianco della comunità musulmana locale sulla vicenda delle restrizioni per la creazione di nuovi luoghi di culto. E rimanda alla Regione Lombardia, che nel 2015 ha varato una apposita legge, da molti definita “anti-moschee”, per regolamentare la materia, il compito di effettuare eventuali ed ulteriori valutazioni.
I casi presi in considerazione dall’amministrazione comunale monzese, infatti, non hanno individuato sul territorio nessun luogo che possa essere considerato una moschea. Che, a quel punto, in quanto luogo di culto, sarebbe stato soggetto, secondo la normativa regionale, a paletti urbanistici come la valutazione di impatto ambientale, la costruzione di parcheggi adeguati e un servizio di videosorveglianza per garantire la sicurezza.

“Le nostre ispezioni, su sollecitazione dei residenti, hanno riguardato in particolare il Centro di via Monte Santo a San Rocco, dove ha sede l’associazione culturale islamica senegalese ‘Norou Dareyni’ – spiega l’assessore comunale all’Urbanistica, Claudio Colombo – da quanto è emerso, non si tratta di una falsa moschea, ma di un luogo privato dove si svolgono diverse attività, tra le quali anche la preghiera. I nostri uffici – continua – hanno verificato, come di loro competenza, il rispetto della destinazione d’uso urbanistica del locale in questione”.

claudio colombo assessore monza - mb

Per il Comune non c’è nessun problema anche per il Centro islamico di Monza e Brianza di via Ghilini, nei pressi della stazione ferroviaria. Che, però, resta tra le strutture ‘osservate speciali’ del Pirellone.

“Esiste dal febbraio del 2005 e, in questi anni, non abbiamo mai ricevuto nessun tipo di segnalazioni né di tipo urbanistico né relativo a comportamenti sospetti – afferma l’assessore Colombo – per noi, quindi, non necessita di controlli e chiarimenti. D’altro canto, si arrivasse anche a definire il Centro islamico una moschea – continua – la legge regionale non è retroattiva e, quindi, non si potrebbero applicare i limiti urbanistici previsti dalla normativa”.

A Monza, insomma, il giro di vite, richiesto da Regione Lombardia, sui luoghi di preghiere islamici non ha prodotto risultati da segnalare. Anche se alcuni punti della questione generano ancora una certa confusione. Non solo quelli relativi a magazzini, esercizi commerciali e abitazioni private usati come luoghi di aggregazione della comunità islamica. Ma, soprattutto, la recente circolare interpretativa, inviata dal Pirellone a tutti i Comuni lombardi, che sembrava dare un indirizzo ancora più restrittivo nella possibile equiparazione dei mazen-hussein-mbcentri culturali islamici alle moschee.

“La circolare rimandava ai Comuni il compito di stabilire quando un luogo di culto ricade nella legge e quando no – spiega Colombo – non erano indicati, però, criteri precisi e, quindi, non siamo andati molto oltre alla mappatura dei vari luoghi di culto e alle verifiche tecniche di destinazione d’uso urbanistico”.

La tematica dell’integrazione con le altre religioni, in particolare quella musulmana, resta di grande attualità. E richiederà, molto probabilmente, un impegno concreto da parte dell’amministrazione comunale di Monza. Anche di quella che si insedierà a Piazza Trento e Trieste dopo le elezioni del prossimo 11 giugno. “I centri culturali islamici oggi svolgono molteplici ruoli e organizzano momenti di riflessione e di apertura alla cittadinanza, concorsi, viaggi, occasioni spirituali – afferma Mazen Hussein, 22 anni, presidente della sezione brianzola dei Giovani Musulmani d’Italia – attualmente in Italia costruire una moschea è molto difficile, ma è necessario che ci sia una ricerca da parte degli enti comunali di trovare spazi adibiti a tale fine”.
Un passo che sembra necessario, anche nel rispetto delle esigenze della comunità islamica. “Noi come musulmani abbiamo 5 preghiere che possiamo fare in pausa pranzo al lavoro, in università, a casa o altri luoghi, ma questo certamente non rende casa mia o l’università una moschea – chiarisce Hussein – Berlino, Londra, Parigi, Stoccolma e tutte le capitali europee hanno una loro moschea, che è parte della società e non una struttura a parte. Una moschea ufficiale e riconosciuta – conclude – è luogo di pace e trasparenza”.

 

 

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