Cultura

Film. Il nuovo volto della fantascienza, Arrival di Denis Villeneuve

Il primo incontro tra il regista canadese Denis Villeneuve e lo sci-fi prende le distanze dai blockbuster che in passato hanno incrinato la credibilità del genere.

Arrival

Arrival pone la fantascienza sotto una nuova prospettiva. Il primo incontro tra il regista canadese Denis Villeneuve e lo sci-fi prende infatti le distanze dai blockbuster che in passato hanno incrinato la credibilità del genere, ritenuto da molti registi un campo minato.

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Dodici navi aliene sono sospese sopra altrettante località e i protagonisti (tra cui un’ottima Amy Adams) hanno il complicato compito di trovare un linguaggio comune; mentre il resto del mondo, spaventato da un fenomeno che non è in grado di capire, è sul piede di guerra. Tempo del montaggio e linguaggio filmico, in modo meno complesso rispetto al Nolan di Interstellar ma comunque autentico ed efficace, vengono rivisitati da Villeneuve in chiave filosofica, diventando spunti di riflessione per lo spettatore. Ed è proprio la comunicazione il tema centrale del film: il regista mette in evidenza quanto essere disposti a dialogare sia fondamentale per sottrarsi all’ennesimo conflitto non necessario.

Il ritmo ansiogeno – già marchio di fabbrica di Sicario e Prisonersstimola l’attenzione senza mai annoiare, soprattutto grazie all’abilità dello sceneggiatore Eric Heisserer nell’evitare i cliché che avrebbero reso scontato un soggetto già fortemente influenzato dai grandi capolavori del genere fantascientifico. Arrival è un’opera intima e minimalista che ricorda l’estetica di Kubrick (2001: Odissea nello spazio) e l’approccio di Spielberg (Incontri ravvicinati del terzo tipo) ma non scivola mai nel déjà vu.

Christopher Lobraico – Redazione di 1977 magazine – per altri articoli clicca qui.

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