Lettera al direttore

Politica

Lettera. Cambiare ma non in peggio: nel complesso questa riforma non convince

Una modifica importante su numerosi articoli della Costituzione da valutare “a pacchetto” con un Sì o con un No. Sono tante le perplessità che fanno prevalere la scelta del No.

luca d'achille

Una modifica importante su numerosi articoli della Costituzione da valutare “a pacchetto” con un Sì o con un No. Sono tante le perplessità che fanno prevalere la scelta del No.

E’ scontato condividere generici obiettivi di risparmio e semplificazione. Quando però ci si accorge che la semplificazione non c’è ed il risparmio, di gran lunga minore di quello annunciato, è ottenuto nel modo sbagliato, il giudizio sulla riforma costituzionale oggetto del referendum del prossimo 4 dicembre prende forma. Si può trovare anche qualche aspetto condivisibile, come l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) e la riduzione del quorum dei referendum abrogativi se viene raccolto un maggior numero di firme, ma prevale in me la scelta del NO per le seguenti considerazioni.

IL SENATO CAMBIA, MA IN PEGGIO: non sarà abolito come dicono, anche perché il bicameralismo, in generale, non è il problema. Il Senato ci sarà ancora, ridotto sì nel numero dei componenti, ma sicuramente sminuito, inefficace e poco rappresentativo. Sindaci e consiglieri con doppio incarico come potranno rappresentare al meglio un’intera regione e svolgere le funzioni di senatori? Si cerca sempre la stabilità ma con la riforma si costruisce un Senato estremamente variabile: nelle regioni e nei comuni si vota praticamente ogni anno e quindi i senatori cambieranno continuamente.

I COSTI NON SI RIDUCONO come dicono: secondo la ragioneria dello Stato la riduzione effettiva sarà di circa 1/10 del valore annunciato. Per i nuovi senatori dovranno essere sostenute le spese di continue trasferte e soggiorni che si aggiungono alle spese di funzionamento del Senato che rimangono. I membri del Senato avranno un’immunità in più che li distingue, non tanto dagli attuali componenti di questa camera, quanto dagli altri sindaci e consiglieri regionali eletti come loro. Un’immunità “allargata” che sulla lotta all’illegalità “locale” avrà una pesante ripercussione.
Si poteva risparmiare in egual misura senza stravolgere partecipazione ed equilibri semplicemente con un allineamento degli stipendi alla media europea, sia al Senato che alla Camera.

NON C’È SEMPLIFICAZIONE nell’iter legislativo. Lo si vede dall’articolo 70: il testo riformato è più lungo e complicato rispetto all’originario che è composto da una sola frase. Ci sarà più confusione nei procedimenti che aumentano di numero (fino a 10) mantenendo la competenza bicamerale su tematiche importanti quali revisioni costituzionali, minoranze e referendum, legge elettorale e partecipazione alle politiche europee. Il famoso “ping pong”, che non è il motivo per cui si rallenta l’approvazione (per l’80% delle leggi è bastata una lettura alla Camera e una al Senato) oltre ad essere un falso problema non è neanche eliminato da questa riforma. I tempi delle leggi dipendono in realtà dalle decisioni del Governo ed il problema vero è che ce ne sono già troppe, inefficaci e non rispettate.
Ci sarà più incertezza considerando la nuova e confusa rivisitazione delle competenze Stato-Regioni. Un esempio specifico è quello dell’ambiente: che senso ha la valorizzazione “statale” e la promozione “regionale”? Se c’era conflittualità questa rimane, eccome.

RIDOTTA LA PARTECIPAZIONE E L’INIZIATIVA LOCALE: il cittadino, a fronte di un ridicolo risparmio pro capite, non sceglierà più chi lo rappresenterà. E’ già realtà l’errore commesso sulle province dove, come sottolineano in molti, ad essere aboliti sono stati solo gli elettori. A che prezzo? Confusione, disservizi e per di più nessun risparmio come ha rilevato la Corte dei Conti.
Cambia il rapporto Stato-enti locali con il rischio di una pericolosa centralizzazione per interessi economici. All’orizzonte potrebbero esserci ripercussioni in ambito sociale (è giusto che tagli alle spese e sui diritti in tema di salute, lavoro e istruzione siano imposti senza un confronto con le realtà locali?) e sull’ambiente.
E’ clamorosa infatti l’introduzione della “clausola di supremazia” che esclude ogni confronto, ingiusta anche perchè imposta solo alle regioni ordinarie.
Con questa scelta saranno penalizzate le iniziative locali virtuose, ad esempio in ambito energetico, le uniche che garantirebbero una vera riduzione delle bollette e una più facile transizione verso un nuovo modello energetico. Vengono triplicate le firme per leggi iniziativa popolare: altra scelta non condivisibile.

Per finire, seppur ampia, la riforma si presenta INCOMPLETA E INCERTA. Si decide senza sapere come saranno scelti i senatori: un dettaglio che non è di poco conto.

Luca D’Achille, Ecologista

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