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Maltrattamenti asili nido, Monza è un’isola felice? Parlano gli operatori e il Comune

Violenze sui bambini negli asili. L'ultimo episodio qualche giorno fa. E a Monza com'è la situazione?

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sala-mensa-mbPrevenire è meglio che curare. Ma, questa volta, forse è già troppo tardi. Chissà se la saggezza popolare potrebbe essere d’aiuto anche per la questione dei maltrattamenti negli asili nidi. L’ultimo episodio in una struttura in viale Sarca a Milano. Al Baby World i piccoli da 0 a 3 anni sarebbero stati picchiati, costretti a mangiare o chiusi al buio negli stanzini. Responsabili del misfatto sono Enrico Luigi Piroddi, 35 anni, titolare della struttura e cuoco e la sua compagna Milena Ceres, di 34 anni, coordinatrice. Entrambi residenti a Monza: il primo è in libertà, ma interdetto dalla professione, la seconda è agli arresti domiciliari, proprio nel capoluogo brianzolo. Le immagini trasmesse in televisione sono terrificanti. Immagini a cui, purtroppo, ci stiamo abituando. Ben 65 i casi registrati in Italia negli ultimi 7 anni. Un vero problema sociale. Che, per il momento, non ha mai coinvolto Monza e la Brianza. Un’isola felice o solo casualità? Come si può evitare che accadano fatti di questa gravità? Siamo andati a chiederlo a chi lavora negli asili nidi e tutti i giorni si occupa di bambini. Ma anche a chi rappresenta le istituzioni. E tutti i giorni deve affrontare i problemi di un settore, quello dell’educazione e dell’istruzione, con tante necessità e pochi soldi.

A Monza ci sono 7 nidi comunali e 27 strutture private, come si evince dall’elenco pubblicato sul sito dell’ente di Piazza Trento e Trieste. Numeri importanti, non sempre facili da gestire. “Abbiamo una responsabile Asili nido e sette coordinatrici, che lavorano di concerto per occuparsi delle tante tematiche del settore – spiega Rosario Montalbano, Assessore comunale all’Istruzione, Personale e Servizi al Cittadino –  le nostre strutture e quelle convenzionate, infatti, devono rispondere a norme ben precise e superare una serie di Montalbano-Rosario-mbrequisiti sulla professionalità degli operatori e le caratteristiche degli spazi”. L’obiettivo da raggiungere è fornire un servizio efficiente. “Attualmente il rapporto tra operatori e bambini nei nidi comunali è di 1 ad 8 – afferma Montalbano – la nostra attenzione è, comunque, alta come dimostrano la stabilizzazione di 14 educatrici e il concorso per la graduatoria relativa alle sostituzioni”. I problemi, in ogni caso, non  mancano. E sono soprattutto di natura burocratica e legislativa. “Quanto avvenuto a Milano è esecrabile da tutti i punti di vista e assolutamente non giustificabile – chiarisce Montalbano – però è arrivato il momento che lo Stato si assuma l’onere economico ed organizzativo di un servizio utile alla collettività”. La speranza è che la riforma scolastica sul sistema  integrato 0-6 anni, con i nidi inseriti in percorsi formativi complessivi, porti buoni frutti. Così, come quella, ancora da approvare in Senato, sull’educatore professionale socio-pedagogico. “Un anno e mezzo fa ho avuto modo di dire di persona al ministro Giannini – racconta Montalbano – che il problema più grosso della scuola italiana è proprio quello di aver lasciato a se stessa la fascia 0-6 anni, la più delicata”.

Proprio sul sistema integrato 0-6 anni, però, gli operatori del settore non sembrano essere tutti d’accordo. “E’ sbagliato ragionare su un’unica fascia d’età – afferma Laura Ornaghi, titolare dell’asilo nido privato Effepi a Monza – non si capisce che ci sono delle profonde differenze tra le esigenze di un bimbo di 3 anni e quelle di uno di 6”. Gli elementi su cui intervenire sono tanti. E i maltrattamenti negli asili giochi-bimbi-mbnido sembrano essere la conseguenza di un sistema con più di una falla. “C’è bisogno di controlli coordinati delle istituzioni e magari non, come è successo a me, 3 nello stesso mese da entità differenti che controllano le stesse cose – spiega Ornaghi – poi ci vuole la supervisione psicologica programmata per il personale educativo e la radiazione per le maestre che commettono certi atti, non la sospensione e la ricollocazione dopo 6 mesi in altra struttura”. A peggiorare la situazione anche un’eccessiva semplificazione su alcuni aspetti burocratici. “Quando io ho aperto la mia struttura 11 anni fa, mi hanno fatto la radiografia – racconta la titolare dell’Effepi, che può ospitare fino a 24 bambini – oggi, invece, bastano una serie di autocertificazioni”. Il sistema complessivo dei controlli nei nidi sembra essere proprio uno dei punti cruciali della questione. “Come interviene l’Ats (Agenzia di tutela della Salute, l’ex Asl, Ndr) non serve a molto – spiega Chiara Rossi, educatrice dell’asilo nido ‘Lo scarabocchio’ di Carate Brianza – si mettono in ufficio, spulciano le carte, ma non parlano con le operatrici. Sarebbe più utile – continua – se vivessero una giornata con noi, forse si accorgerebbero meglio di tante cose”.

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