Cultura

Quando la famiglia Colmar salvò la cloche di Baracca dai tedeschi

Il cimelio, esposto nella mostra al Teatrino di Villa Reale, al centro di una vicenda ambientata nel 1945

cloche-baracca-by-fabry

Salvata in extremis dalle razzie delle truppe tedesche. Fra i tanti pezzi e cimeli esposti nella mostra “La Grande Guerra” inaugurata la scorsa settimana al Teatrino di Villa Reale, ce n’è uno che per Monza ha un rilievo particolare. Si tratta della cloche dell’areo con cui l’asso della aviazione italiana, Francesco, Baracca, morì nel giugno del 1918 sul colle Montello, vicino a Treviso.

L’attrezzo, un vero e proprio totem per l’aviazione italiana, fu infatti nascosto ai tedeschi che lo volevano a tutti i costi da uno degli imprenditori brianzoli più noti al mondo: Mario Colombo, fondatore della Colmar. A svelare ciò che successe nel 1945, quando i tedeschi stavano abbandonando la piazza di Monza, è stato Andrea Licciardello, 40 anni, presidente dell’Associazione arma aeronautica di Monza.

L’occasione per portare a galla questa vicenda dimenticata è stata l’inaugurazione della mostra “La Grande Guerra” in Villa Reale, dove la cloche dell’asso di Lugo è esposta assieme ad altri preziosi cimeli. “La cloche fu portata a Monza da un giovane tenente dell’aviazione, Sandro Marelli, abile pilota di bombardieri – spiega Licciardello -. Dopo che Baracca fu abbattuto fu lui a recuperare la cloche da un magazzino militare e a portarla a Monza dopo il 1923 assieme ad altri resti. Per l’associazione, che si è sempre preoccupata di custodirla, fu un momento molto importante, fonte di grande ispirazione per gli anni a venire”.

Tuttavia, Hermann Goring, il numero di due di Hitler ed ex asso dell’aviazione tedesca durante il Primo conflitto, la voleva. A tutti i costi. Goring era entrato a far parte della squadriglia di Manfred Von Richthofen, il Barone rosso, e solo Baracca, col suo cavallino rampante stampato sulla fiancata dell’aereo era stato in grado di rivaleggiare quanto a bravura e ardimento. L’asso di Lugo, medaglia d’oro al valor militare, totalizzò ben 34 vittorie su 63 combattimenti aerei. Le truppe naziste cercarono in lungo e in largo quel simbolo, ma alla fine dovettero andarsene a mani vuote.

“Probabilmente i soldati tedeschi di stanza a Monza pensarono anche che avrebbe potuto rappresentare un salva condotto in caso di guai – prosegue Licciardello -. Fatto sta che nonostante le affannose ricerche, non la trovarono. Non ne ho certezza totale, ma una delle versioni della storia è che la cloche finì nelle mani di Mario Colombo grazie a una, diciamo così, ragazzata dei figli”. La famiglia Colmar è sempre stata un punto di riferimento per l’associazione. Una passione che l’ha portata a salvare dalle razzie delle truppe naziste un  vero e proprio cimelio storico.

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