Sport

Stefano Sgarbi, il biker che cade, si rialza, e torna a correre

Oggi raccontiamo una storia. Si parla di sport, di cadute, di ferite, di voglia di ricominciare a correre. E di scommesse vinte.

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A volte capita di raccontare anche storie belle. Storie forti, di persone che cadono ma sono così testarde da riuscire a rialzarsi. Quella di oggi, segnalataci da Moira, una nostra lettrice, è proprio una storia così. Al centro, la tenacia di chi lotta per non arrendersi, e una grande passione: l’amore per lo sport.

Stefano Sgarbi, 46 anni, vive a Limbiate e corre con la New Bike di Seveso. Con una gamba sola, però: sull’altra ha una protesi al ginocchio.

stefano-sgarbi-mountain-bike-3«Lo dico subito – premette in tono allegro e diretto -: ho sempre odiato i ciclisti». Stefano infatti è sempre stato appassionato di motocross: ha cominciato a correre e gareggiare a 17 anni, nel 1985. Il primo infortunio si fa aspettare 4 anni: «Già nell’89 mi sono rotto un piede – ricorda -. Da lì è stato un continuo cadere e prendere botte varie, ma nulla di serio». Fino al 30 luglio 2000. Nel corso di una gara di motocross la gamba destra rimane incastrata durante l’esecuzione di un doppio salto, Stefano cade e “rompe tutto”. Diagnosi: lussazione posteriore. Comincia un lungo calvario fatto di illusioni, attese e delusioni. Si fa visitare e curare da diversi medici, trascorre 6 mesi in carrozzina, si sottopone a una osteotomia, aspetta, resta con la gamba in trazione per altri 6 mesi: tutto è inutile, doloroso e non porta a nessun risultato.

«Finché non ho incontrato il professor Fraschini, del San Raffaele di Milano – racconta -. Ha lavorato con me prima di tutto psicologicamente, dandomi la speranza concreta di ricostruirmi la gamba: volevo più di tutto poter tornare a correre, ma avevo paura di non riuscirci più, senza una gamba in grado di piegarsi». Nel 2003 arriva così all’operazione e alla protesi: «Ed essendo un motocrossista, quindi fondamentalmente un rompiscatole, continuavo a dire di voler salire sulla bici –  ricorda Stefano che, nel periodo di immobilità forzata, pur di fare sport si è dato alla pesca -. Il medico era scettico, allora ho insistito e abbiamo fatto una scommessa. Mi ha detto che se fossi riuscito a pedalare di nuovo, non gli avrei più dovuto pagare le visite… C’è voluto un anno, ma la scommessa l’ho vinta. E la bici non la mollo più». O sarebbe meglio dire la mountain bike: «L’odio per i ciclisti è rimasto, ma solo per quelli su strada – ride -. La mountain bike mi dà le stesse sensazioni del motocross: la rivalità con gli “stradali” è fortissima, diciamo che se ti fai superare da loro sei finito…».

Stefano sale sulla bici con un tutore, deve usare dei pedali più corti perché l’articolazionestefano-sgarbi-mountain-bike-2 destra si piega solo fino a un massimo di 45° (ed è tuttora insensibile dal ginocchio in giù), ma questo non gli impedisce di allenarsi costantemente: due volte alla settimana più la domenica. Prima da solo, poi, a partire dal 2005, con il team della New Bike: «Ci sono finito per caso – spiega -, tramite un amico con cui avevo fatto motocross. Ci eravamo persi di vista, poi un giorno ci siamo incontrati nei boschi della Brianza. Lui si era già convertito alla mountain bike e frequentava il team di Seveso, io l’ho seguito: mi mancava l’esperienza della gara, grazie a loro l’ho recuperata». E, a proposito di gare, Stefano può dirsi soddisfatto: «Non lo dico per vantarmi, ma nell’ultima marathon bike della Brianza mi sono classificato 37° – dichiara orgoglioso. Per poi aggiungere, quasi a scusarsi -: Ora però faccio il percorso classico, niente downhill: sono già finito sotto i ferri troppe volte».

«Il fatto di non mollare fa parte del mio carattere, sono molto testardo – ammette quando gli chiediamo come è riuscito a non darsi per vinto -. Di certo mi hanno aiutato mia moglie e mia figlia, ma più di tutto l’amore per lo sport».

Le foto che compaiono in questo articolo sono state gentilmente concesse da Stefano Sgarbi

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