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Vimercate, caso Miriadi: confermate le condanne. Fu usato il metodo mafioso

Agivano secondo “metodo mafioso”. Così ha decretato il Tribunale di Monza a conclusione del processo che vedeva imputati a vario titolo per tentato sequestro di persona per estorsione, estorsione e detenzione abusiva di armi, tre esponenti della famiglia Miriadi.

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Agivano secondo “metodo mafioso”. Così ha decretato il Tribunale di Monza a conclusione del processo che vedeva imputati a vario titolo per tentato sequestro di persona per estorsione, estorsione e detenzione abusiva di armi, tre esponenti della famiglia Miriadi di Vimercate.

I due figli ed il nipote di Assunto Miriadi, vittima di un agguato a colpi di Kalashnikov negli anni novanta, sono stati condannati a pene dagli undici anni e sette mesi ai sedici anni e nove mesi. Il quarto imputato a processo, Isidoro Crea, è stato invece ritenuto responsabile di concorso materiale con pena di quattro anni e quattro mesi. Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia sono partite dalla tentata estorsione denunciata da parte della famiglia Malaspina, in particolare riferendosi al tentato sequestro di Carlo Malaspina avvenuta nel novembre del 2011. Il fratello dell’imprenditore era stato allora raggiunto da quattro persone con volto coperto, che avevano cercato di rapirlo trascinandolo a bordo di un’auto. Le sedi delle società della famiglia sono state poi oggetto di più attentati con colpi d’arma da fuoco.

Alla base delle aggressioni, sempre secondo il Tribunale, vi sarebbe stata la disputa per un terreno affittato alla famiglia Miriadi dai Malaspina, su cui i primi avrebbero avanzato pretese e poi richiesto dodici milioni di euro. Costituitisi parti civili al processo, i Malaspina hanno avanzato una richiesta risarcimento danni per 20 mila euro. Gli imputati si sono sempre dichiarati totalmente estranei ai fatti. Al termine dell’udienza vi sono stati attimi di tensione per la reazione di alcuni familiari dei condannati.

Tensione alta anche a Vimercate, dopo un articolo pubblicato sul “Fatto quotidiano” che riprendeva la teoria accusatoria del Pm Marcello Musso in particolare per la tesi del “condizionamento ambientale”. Un pezzo ritenuto però diffamatorio dal comune di Vimercate e dal sindaco Paolo Brambilla che insieme alla maggioranza di Pd, Sel e Comunità solidale e Lega Nord avevano organizzato in piazza Roma a Vimercate una manifestazione per ribadire la propria estraneità a quanto accaduto e per riaffermare di non aver mai fatto scelte in campo edilizio influenzate da fatti di cronaca che hanno visto coinvolto Malaspina.

Il 12 novembre attraverso una delibera si è venuto a sapere che il comune per tutelare la propria immagine ha anche ingaggiato un avvocato: una scelta che ha fatto andare su tutte le furie le opposizioni, in particolar modo il Movimento Cinque Stelle che ha ritenuto “scandaloso pagare un legale con i soldi dei contribuenti per difendere solo l’immagine del sindaco e del deputato Roberto Rampi e non dell’intera città”.

Scritto da Valentina Rigano e Lorenzo Giglio

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