Economia

Caponago, Megadyne: 12 mesi di cassa ma il 20 novembre si chiude

Raggiunto l'accordo fra lavoratori e la dirigenza della Megadyne di Caponago, dopo che tre settimane fa l'azienda stava per svuotare completamente il magazzino e annunciare il trasferimento obbligatorio di tutta la forza lavoro entro il 20 novembre.

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Raggiunto l’accordo fra lavoratori e la dirigenza della Megadyne di Caponago, dopo che tre settimane fa l’azienda stava per svuotare completamente il magazzino e annunciare il trasferimento obbligatorio di tutta la forza lavoro entro il 20 novembre. Per chi non si trasferirà a Mathi (TO) scatterà la cassa per 12 mesi.

Roberta Turi - Fiom Cgil

Roberta Turi – Fiom Cgil

Il presidio permanente dei 27 lavoratori dell’azienda italiana che produce cinghie e pulegge era iniziato il 19 ottobre, dopo che nella notte 6 tir intorno alle tre di notte stavano svuotando i magazzini con tutti i prodotti finiti per portarli nella sede torinese. Una mossa notata per caso da un lavoratore che ha fatto scattare immediatamente il presidio per bloccare il trasloco: “Anche oggi, giorno dalla trattativa per la cassa integrazione, la proprietà ha mandato qua un tir per ricattarci – afferma un operaio – se non lasceremo andare via il camion con il carico di prodotti finiti, non firmeranno l’accordo. È per questo che abbiamo presidiato giorno e notte nelle tende, perchè i prodotti in magazzino sono stati il nostro unico “strumento” per ottenere un risultato”.

L’accordo firmato all’una prevede per i lavoratori o il trasferimento nella sede di Mathi, possibilità per molti ritenuta non sostenibile, o la cassa integrazione per cessata attività per 12 mesi, con una successiva mobilità. Presente questa mattina davanti ai cancelli della fabbrica, Angela Mondellini segretaria Fiom Monza e Brianza, Luigi Castagnoli della Fiom e Roberta Turi, segretaria nazionale della Fiom Cgil: “Se si azzera un sito produttivo come questo sarà difficile far ripartire nuove attività del settore, dopo che si sono perse le persone le conoscenze – afferma Roberta Turi –. Purtroppo noi sindacati e i lavoratori siamo completamente soli nel combattere le nostre battaglie perchè manca una reale politica industriale in Italia e i politici perdono tempo dietro questioni come quelli di Ligresti e Berlusconi che non aiutano certo il paese a risalire”.

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Angela Mondelli segretaria Fiom MB

Il 20 novembre, l’azienda chiuderà quindi i battenti a Caponago e la produzione rimarrà solo a Torino, oltre che nelle sedi estere in Polonia e Cina: “Nel 2001 eravamo cinquanta dipendenti e nel corso di questi 12 anni siamo diventi 27 – racconta un operaio –. Dopo anni di licenziamenti  abbiamo sempre proposto alternative come contratti di solidarietà, ma da parte dell’amministrazione non abbiamo mai avuto risposte. Il loro obiettivo era chiudere gradualmente Caponago e trasferire conoscenze e macchinari all’estero dove tutto costa meno senza pensare ai dipendenti italiani”.

Nella drammaticità della vicenda, si dice per una piccola parte soddisfatto, Alessio Fattorelli, Rsu Megadyne: “Partendo dal fatto che rischiavamo di rimanere a casa senza lavoro, possiamo dirci almeno soddisfatti di aver ottenuto dodici mesi di cassa. Tutto grazie al nostro presidio e alla tenacia con cui abbiamo resistito”.

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