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Lissone: vittima di violenze, le negano anche di vedere i figli

Lui la picchia anche mentre è incinta, lei scappa con i figli e lui racconta ai carabinieri che voleva suicidarsi con i bambini. Disperata per una decisione di affidare uno dei suoi bambini al padre che l’ha picchiata, Linda Greco 33 enne di Lissone, non sa più cosa fare per poterli riabbracciare.


Lui la picchia anche mentre è incinta, lei scappa con i figli e lui racconta ai carabinieri che voleva suicidarsi con i bambini. Disperata per una decisione di affidare uno dei suoi bambini al padre che l’ha malmenata e poi “stalkerizzata”, Linda Greco 33 enne di Lissone, non sa più cosa fare per poterli riabbracciare.

«Ero incinta quando lui mi ha aggredita e picchiata con un ventilatore sulla pancia – racconta la donna – nonostante le violenze ed i soprusi, mi hanno negato l’affidamento dei bambini perché il padre del mio secondo figlio, quando lo ho lasciato, ha raccontato ai carabinieri che fossi fuggita con i piccoli per uccidermi. Invece ero semplicemente in albergo a cercare protezione da lui».

Linda Greco e il suo compagno si sono conosciuti nel 2010 quando lei era già madre di una bambina di tre anni «A maggio 2011 mi ha picchiata la prima volta – racconta Linda – non lo ho lasciato perché prendeva delle medicine e mi ha chiesto scusa, sua madre che viveva con noi mi aveva rassicurato che fossero quelle la causa di scatti violenti». Sola e con la madre a Palermo, Linda non sapeva dove andare ed ha deciso di riprovare e dopo poco è rimasta incinta «Mi ha picchiato ancora – prosegue – ho quasi rischiato di perdere il bambino. Sono finita in ospedale due volte, alla terza settimana ed al quarto mese. Io l’ho perdonato, sbagliando, perché non volevo che mio figlio nascesse senza padre». Nato il piccolo, nel marzo 2012, la storia non è comunque migliorata «Quando il bambino piangeva, lui si arrabbiava – spiega Linda – il piccolo gli dava fastidio, non se prendeva cura. Ha ricominciato ad essere violento, anche con la mia prima figlia». Tra maggio e giugno 2012 la situazione è precipitata «Abbiamo avuto due liti fortissime e lui mi ha picchiata di nuovo – prosegue – ho chiamato i carabinieri e me ne sono andata con i bambini in albergo, tutte e due le volte. La seconda però, ho trovato la forza di lasciarlo». La Greco decide di prendersi qualche giorno per capire cosa fare «Volevo andare da un’amica a Bologna – racconta – mi sono fermata a Modena a dormire perché i bimbi erano stanchi. Lì mi hanno rintracciata i carabinieri chiedendomi di tornare indietro. Lui li ha chiamati raccontando che fossi andata a suicidarmi con i piccoli, facendo scattare un’assurda caccia alle streghe». Rientrata in Brianza, alla donna vengono sottratti i due piccoli dagli assistenti sociali «Mi hanno portata in psichiatria a Desio, è ovvio che fossi sconvolta quando mi hanno strappato i figli con la forza – dice – la dottoressa Rossana Eugenia Botti mi ha tenuto una sola notte in osservazione e dimessa con una relazione dove ha scritto che non soffro di alcuna patologia psichiatrica e non sono pericolosa. Lei stessa ha depositato un documento al Giudice, ma gli assistenti sociali hanno continuato per la loro strada». Secondo la Greco, la negligenza del sistema sta nel fatto che nessuno abbia informato il tribunale che lei fosse andata via perché stanca delle botte del compagno. «Non ho più rivisto i miei bambini, se non per un’ora a settimana – dice Linda – mia figlia è stata affidata al padre naturale, ma l’assurdità è che anche il mio secondo figlio è stato affidato al suo papà. Un violento, con me e con loro». I figli di Linda Greco sono seguiti dagli assistenti sociali di Lissone e Carate Brianza «Non posso festeggiare il compleanno con mia figlia, a Carate me lo negano senza motivo – conclude – ed io non ce la faccio più. Mi fanno passare per pazza quando non lo sono». L’ex compagno di Linda Greco, successivamente è stato denunciato per Stalking e costretto a non avvicinarsi alla donna. L’avvocato della signora, Ottavio Beretta, ha scritto una lettera all’ufficio Famiglia del Comune, per avere spiegazioni sulle decisioni degli assistenti sociali e del Tribunale dei Minori. L’Associazione White Mathilda che segue il caso, ha contattato i servizi sociali per oltre dieci giorni, senza riuscire mai a parlare con chi si occupa del caso.

 

 

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