Cultura

Consigli (folli) per letture (alcoliche) durante le vacanze

Tre libri diversi, che non troverete nelle migliori librerie, ma che sapranno lasciarvi senza parole

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Quest’anno cosa porto da leggere in vacanza? Fra le tante domande esistenzialiste che l’uomo si pone, questa è sicuramente una delle più difficili da evadere. Chi sono, da dove vengo e dove vado, sono al confronto quesiti elementari, quasi oziosi. Ovviamente le librerie sono piene di titoli, classifiche e suggerimenti, così come i siti internet specializzati, dove si possono anche leggere i pareri degli altri lettori.

Inutile quindi sprecare tempo per consigliare romanzi o saggi già ampiamente pubblicizzati. Nelle poche righe che seguiranno troverete al contrario un paio di dritte, come si dice in gergo, per leggere qualcosa di inaspettato. Bello o brutto, avvincente o noioso, questo lo potrete decidere solo una volta letta l’ultima pagina. Tuttavia, ciò che garantiamo è che si tratterà di romanzi diversi.

Il primo titolo è «L’Avversario», di Emanuele Carrèr, la vera storia di Jean Claud Romand che per 18 anni finse di essere medico e invece non era niente. Jean Claude viveva in Francia, vicino al confine con la svizzera. Aveva una bella casa, una bella moglie anche lei medico, due figli e, appunto, un lavoro completamente inventato all’Organizzazione mondiale della sanità, a Ginevra. Tutte le mattine si alzava per andare a lavorare, ma in realtà usciva solo di casa per andare a perdere tempo sulle panchine di un parco, in libreria o seduto in macchina a sentire la radio. Un giorno dopo l’altro, una mattina dopo l’altra, una menzogna dopo l’altra, fingendo addirittura di avere agganci con alcune banche svizzere per convincere gli amici e i suoi genitori ad affidargli risparmi per farli fruttare in un conto elvetico. E tutto filò liscio fino a quando uno di questi amici gli chiese indietro i soldi per fare alcuni investimenti.

Il secondo romanzo si muove anche lui i binari della follia umana. Solo che se ne «L’Avversario» l’autore affronta il tema dell’angoscia scaturita da una vita fatta di niente, in «Una stanza piena di gente», scritto da Daniel Keyes, ci troviamo di fronte alla vita di Billy Milligan, uno dei pochi casi accertati di persona affetta da sindrome di multi personalità. Nel settembre del 1977, a Columbus nell’Ohio tre studentesse vengono violentate e derubate. Il modus operandi del bruto sembra identico e infatti la polizia arresta in poco tempo Billy Milligan, che viene anche riconosciuto dalle tre vittime. Peccato però che gli agenti notino subito qualcosa che non va. Billy sembra realmente sorpreso di quello che gli sta accadendo. Poi sembra rassegnato e in cella fa tre cose che lasciano i secondini di stucco: prima si toglie la camicia di forza, poi distrugge a pugni la tazza del cesso e infine si addormenta come un bambino usando la camicia di forza come cuscino. Billy finisce ovviamente in terapia e i medici scoprono che la sua testa è una vera e propria stanza piena di gente, affollata da ben 24 distinte personalità.

L’ultima proposta riguarda un autore definibile come maledetto, se non fosse per il sapore da talk show del sabato sera che questa espressione ha assunto. Stiamo parlando di Brendan Behan, scrittore e drammaturgo, irlandese militante dell’Ira, che un bel giorno disse di se: «I am a drinker with writing problems». Di suo vale la pena leggere il romanzo autobiografico «Borstal Boy» nel quale emergono in maniera netta i motivi che lo spingevano a combattere per la causa irlandese e contro l’imperialismo inglese.

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