In cella per una lite, monzese muore a Giava

javaNel 2002 era finito sotto i riflettori dei mass media di mezzo mondo perché coinvolto un’indagine per terrorismo internazionale. Andrea Sorteni, 49 anni, origini monzesi, una vita che vista da fuori sembra quasi un romanzo d’avventura, è morto lunedì in un carcere di Giava. Il referto medico parla di disidratazione.


javaNel 2002 era finito sotto i riflettori dei mass media di mezzo mondo perché coinvolto un’indagine per terrorismo internazionale. Andrea Sorteni, 49 anni, origini monzesi, una vita che vista da fuori sembra quasi un romanzo d’avventura, è morto lunedì in un carcere di Giava. Il referto medico parla di disidratazione.

Andrea Sorteni, «Arde» per gli amici, faceva il pittore, aveva sposto una bellissima ragazza orientale e aveva vissuto anche a Parigi, in una soffitta senza serratura, in perfetto stile bohemienne. Lo scorso autunno, però, è successo qualcosa che ha spostato gli equilibri della sua vita e che lo ha fatto finire in un carcere. Una piccola cosa, all’apparenza. Un semplice disguido tecnico all’aeroporto dove si stava imbarcando con sua moglie che lo ha fatto andare su tutte le furie e che ha scatenato un effetto domino conclusosi con la sua morte.

Lo scorso 14 otttobre Arde e la moglie stavano per imbarcarsi su di un aereo. La moglie viene però bloccata. C’è qualcosa che non va col suo biglietto. Quindi, niente imbarco. Lei rimane a terra, dice la polizia. Arde va su tutte le furie. Non è possibile. Siete matti. Noi dobbiamo partire. Invece, no. Allora Arde perde la testa e secondo quanto ha raccontato la polizia telefona alla compagnia aerea e dice che su quel volo c’è una bomba. Per Arde si mette male.

La polizia rintraccia la chiamata e visto che alle sue spalle c’è anche quel precedente coinvolgimento in un’inchiesta su Al Qaeda, scattano le manette. Arde finisce in prigione. E ancora una volta la sua vita prende una piega inattesa. Deraglia rispetto ai binari della normalità e inizia una corsa nel buio. A Parigi, dove aveva iniziato a farsi apprezzare come pittore, Sorteni viveva in una soffitta aperta a tutti. Un incessante via vai di gente. A Milano aveva vissuto a Brera, il quartiere degli artisti e a fine anni Novante parte per un viaggio intorno al mondo che si ferma a Bali. Ed è lì che la sua strada lambisce in modo fortuito e ingiustificato un’indagine su Al Qaeda. Salta in aria il Sari club. Muoiono decine di persone. E’ una vera carneficina e Arde dice conoscere un uomo coinvolto nelle prime fasi dell’indagine.

Poi, la polizia scopre che è senza un visto e che nonostante tutto gestisce una discoteca. Quindi, Arde viene rispedito in Italia. Ma poco dopo ritorna sui suoi passi. Si sposa e apre una anche una gelateria. Su Facebook il suo profilo è ricco di foto della moglie. Foto in posa. Foto di chi aspira a diventare modella. Ma il sogno si è infranto sulla porta d’ingresso del carcere di Giava, dove Arde è rimasto per quattro mesi, malato e disidratato. Secondo i medici era in gravissime condizioni e soffriva anche di insufficienza renale e di un’infezione.  

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