Monza: dormono in auto dopo lo sfratto. Storia tra indigenza e abusivismo

1 marzo 2011 | 23:03
Share0
Monza: dormono in auto dopo lo sfratto. Storia tra indigenza e abusivismo

Dormono in auto in attesa di una nuova casa, e per non allontanare il bimbo disabile dalle strutture sanitarie, lo lasciano dormire dai parenti, dopo lo sfratto da un alloggio Aler. Per il Comune e la società gestrice dell’appartamento però, la famiglia è abusiva ed ha rifiutato una soluzione alternativa.

Dormono in auto in attesa di una nuova casa, e per non allontanare il bimbo disabile dalle strutture sanitarie, lo lasciano dormire dai parenti, dopo lo sfratto da un alloggio Aler. Per il Comune e la società gestrice dell’appartamento però, la famiglia è abusiva ed ha rifiutato una soluzione alternativa.

Alessandra Pollani 27enne monzese e madre di un bimbo con gravi problemi di salute, abitava con il compagno Luca in Debussy, grazie ad uno zio di cui si occupava che però ad un certo punto ha dovuto lasciare l’alloggio per curarsi in ospedale. La famiglia è stata sfrattata giovedì scorso «Vivevamo in quella casa tutti e tre, insieme a mio zio, anche lui invalido, che assistito – racconta la giovane – poi le sue patologie si sono aggravate e io sono rimasta incinta. A quel punto mio zio è stato ricoverato e poi si è trasferito da una conoscente perché io non riuscivo a fare tutto». Per legge, si sa, quando l’intestatario lascia l’alloggio, questo non passa di diritto ai parenti «Siamo diventati abusivi, lo sappiamo – prosegue – ma siamo andati in Comune per presentare la domanda per tenere la casa, spiegando che il nostro bambino, che è in cura presso il San Gerardo, ha bisogno di essere seguito costantemente in un ambiente sicuro e sereno. Essendo diventati abusivi però, abbiamo perso ogni diritto. So che ci sono le graduatorie, ma nostro figlio è invalido al 100%, e ha bisogno di avere madre e padre vicini e in una casa. Ci hanno risposto che essendo diventati abusivi, non si poteva fare nulla». Ad agosto alla famiglia è arrivata la prima ingiunzione di sfratto, giovedì scorso gli agenti della Locale sono andati ad eseguire lo sfratto «Il bimbo aveva la febbre, con tanto di certificato medico alla mano, non avrebbero potuto cacciarci via – continua Alessandra – ma ci hanno detto che avevamo una casa pronta ad aspettarci, e invece era una bugia». Non era del tutto una bugia, in Comune infatti, è presente l’assegnazione di una stanza per Alessandra e suo figlio in una comunità di Cologno Monzese. Il suo compagno e padre del bimbo però, non essendo residente a Monza, non ha diritto ad andarci, se non nel fine settimana. «Non è accettabile, non si può dividere una famiglia – conclude – il bambino ed io abbiamo bisogno del papà. Ora dormiamo in auto, il piccolo sta da una mia cugina, così da poter andare all’asilo ed essere assistito, ma non è giusto, devono aiutarci». Luca, compagno di Alessandra e papà del piccolo, lavora come muratore in una cooperativa, e lo stipendio è molto basso «Sono disposto a pagare una camera o una casa – dichiara l’uomo – chiedo aiuto anche ai privati. Se c’è qualcuno che ci da una mano, chiedendo poco e non gli anticipi folli che ci sono in giro, ci proviamo. Non è giusto che non essendo sposati, non abbiamo diritto a stare insieme. Aiutateci». Aler, dal canto suo, replica di aver applicato la normativa «Prima di arrivare allo sloggio, come sempre, sono state applicate tutte le cautele e le norme esistenti in favore della famiglia – sottolinea l’Azienda in un comunicato – Quando nessuna via è più praticabile, allora si arriva allo sfratto. I Servizi sociali del Comune di Monza si erano presi l’incarico di trovare una soluzione abitativa alternativa, che il capo famiglia si è rifiutato di accettare. Una soluzione concreta e strutturata, che potesse tutelare al meglio anche il figlio piccolo, primario interesse di Aler MB. Tra l’altro, il capo famiglia, si è reso più volte protagonista di intemperanze, che hanno creato danni allo stabile occupato abusivamente nonché inquietudine negli altri inquilini».

{xtypo_rounded2} La replica del Comune

Il Comune di Monza ha cercato di andare in contro alle esigenze della famiglia Palmisano e del loro bimbo di tre anni gravemente disabile, ma l’offerta è stata rifiutata.

L’amministrazione comunale precisa che l’alloggio da cui Alessandra Pollani è stata sfrattata insieme al figlio di tre anni ed al compagno, era stata occupata abusivamente e per questa ragione non poteva che conseguirne lo sfratto. «Si tratta di una vicenda delicata nota da tempo ai Servizi Sociali – afferma l’Assessore alla Famiglia e ai Servizi Sociali Pierfranco Maffè – in cui lo stato di indigenza si incrocia con l’abusivismo. Abbiamo voluto dare a questa famiglia un aiuto reale fornendo loro una casa. Mentre la signora era propensa ad accogliere questa alternativa, il suo compagno ha preferito rifiutare costringendo mamma e bambino a vivere in un’auto invece che in un appartamento a pochi chilometri da Monza. Lo sfratto dall’alloggio occupato abusivamente si è reso necessario in quanto illegale e lesivo nei confronti di tutte quelle persone che rispettano le regole recandosi all’ufficio comunale e mettendosi in lista per ottenere un alloggio pubblico. Il Comune ha fatto il possibile e anche l’impossibile per risolvere questa delicata situazione seguendo passo passo la vicenda e dando un supporto psicologico e concreto alla donna». Alessandra però, continua a sostenere le sue ragioni «Non possiamo far subire shock al piccolo – dichiara – allontanarlo dalle sue abitudini e separarlo dal padre anche solo per cinque giorni a settimana, pregiudicherebbe il suo percorso di cure che segue al San Gerardo, in un momento per lui delicatissimo. Per questo dormiamo in auto, per poterlo vedere ogni sera e perché io possa con i mezzi, mentre il mio compagno lavora, andare in ospedale e all’asilo. Aiutateci». {/xtypo_rounded2}