La denuncia. Varedo, Parco I Maggio, un «Leoncavallo» a due passi dal centro
Alcuni si definiscono «writers», altri «graffitti creators», ma la sostanza non cambia. I varedesi, che ormai dei loro colpi di bomboletta selvaggi e delle loro bravate non ne possono più, li chiamano più semplicemente «imbrattatori». Perché quello che combinano nel parco I Maggio, a due passi dal centro e sotto le finestre del Comune, non ha nulla a che vedere con l’arte.
Un’area verde per bambini, ma dove i giochi sono pericolosi, con i muri imbrattati, le sedie malridotte, i pali della luce storti e le telecamere, che dovrebbero fungere da deterrente contro le bravate, che non funzionano quasi mai. E loro, gli «imbrattatori», approfittando dei cancelli aperti alcune volte 24 ore su 24, non disdegnano le incursioni notturne per dare il «meglio» di sé lasciando in giro ogni genere di schifezza.
Dopo numerose segnalazioni, il consigliere provinciale del Pdl e già consigliere comunale, Fabrizio Figini ha deciso di fare un giro di perlustrazione nel parco.
«Una situazione che negli ultimi anni ha assistito ad una paurosa escalation dell’incuria e del degrado – ha raccontato – Prima i festini nel parco I Maggio, teoricamente chiuso di notte e videosorvegliato, poi l’arrivo dei centri sociali in una situazione dove il loro contributo non era assolutamente richiesto. Le scoperte, per uno che come me abita a Varedo, sono sorprendenti. Bombolette spray abbandonate per strada, schifezze di ogni genere a imbrattare immobili di proprietà privata e pubblica, spazzatura là dove non dovrebbe trovarsi. E’ veramente preoccupante che a fronte di questa necessità non sussista un controllo sistematico del degrado che, per una realtà relativamente piccola come la nostra, non dovrebbe essere una cosa troppo complicata. Ad esempio basterebbe far funzionare le telecamere di sorveglianza là dove queste dovrebbero teoricamente essere già installate».
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di istituire a Varedo, come in altre città, un gruppo di Guardie Ecologiche Volontarie.
«Potrebbero essere un deterrente, la gente ci penserebbe due volte prima di entrare con la bicicletta, far fare i bisogni ai cani o gettare per terra le cartacce», ha spiegato Emilio Locati, cittadino varedese, ma soprattutto Gev nel Parco di Monza.
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