Monza. Processo Paparo – Tav: puzzle sempre più chiaro

Soli tra clan rivali, attenti a scegliere le collaborazioni giuste senza rimanere invischiati nella faida. Così sono stati rappresentati i Paparo, collegati a famiglie calabresi stanziate in Brianza, ma non direttamente affiliati, durante la terza udienza a carico della famiglia di Isola Capo Rizzuto e di personaggi a lei riferibili.


Soli tra clan rivali, attenti a scegliere le collaborazioni giuste senza rimanere invischiati nella faida. Così sono stati rappresentati i Paparo, collegati a famiglie calabresi stanziate in Brianza, ma non direttamente affiliati, durante la terza udienza a carico della famiglia di Isola Capo Rizzuto e di personaggi a lei riferibili.

Ieri mattina, con le consuete precauzioni di sicurezza e un tornito pubblico, il giudice Giuseppe Airò ha presieduto alla testimonianza dei Carabinieri e alle domande dell’avvocato della difesa, sulla posizione di Carmelo Verterame, dall’accusa riconosciuto come uomo di collegamento tra i Paparo e i clan Nicoscia e Arena, ritenuti implicati nella gestione degli appalti per la realizzazione della Tav.

Durante la testimonianza di un maresciallo addetto alle indagini, sarebbe emerso che il primo contatto tra Paparo e le due famiglie, sia avvenuto in seguito ad un attentato a loro danno. Verterame sarebbe quindi stato inviato dal “boss” Marcello Paparo a chiedere spiegazioni ad entrambe gli appartenenti alle due famiglie, storicamente vicine negli affari ma sempre in lotta. Sarebbe dunque stato questo, secondo l’accusa, lo spunto investigativo che ha posto l’accento sui successivi contatti tra i Paparo e gli altri clan invischiati in appalti e movimento terra.

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