Nella lettera Ascrizzi invita il Prc ad avere più attenzione verso i lavoratori autonomi. La sue è una vera e propria riflessione per creare un’alternativa al consenso di cui gode la destra, in particolare nel nord Italia, una riflessione che nasce dall’analisi dell’identità dei votanti alle ultime elezioni e dalla constatazione del verso cui va l’attuale economia, sempre più povera e precaria.
«Si può tranquillamente affermare che tra le 12.500 persone che ci hanno votato i lavoratori dipendenti sono solo una parte, l’altra non meno importante, è composta da donne e uomini (molti giovani) che hanno scelto per amore o per forza di dedicarsi ad attività “in proprio” – scrive Ascrizzi – Queste persone non godono di posizioni di rendita né presso le lobby di potere delle associazioni imprenditoriali, né presso la famiglia della “grande” cooperazione, ma neppure (purtroppo) presso i sindacati che non hanno una dimensione reale di questo spaccato della società – e aggiunge il politico in modo perentorio – Il Prc non può più permettersi di appoggiare solo politiche di natura assistenziale».
Il politico allora propone sette punti per migliorare la vita di chi oggi si è ritrovato, magari suo malgrado, ad aprire una partita Iva: migliore l’accesso al credito, “sburocratizzazione” dei rapporti con la pubblica amministrazione, proporre sgravi fiscali per chi non chiude, non licenzia, non delocalizza e dà lavoro stabile, formazione e ricerca, sicurezza sui posti di lavoro come marchio di qualità, lotta alla concorrenza sleale e alle infiltrazioni mafiose e adozione di reti solidaristiche fondate su progetti etici e bilanci trasparenti.
«Avviciniamoci così anche al lavoro autonomo, proprio noi che dell’autonomia di pensiero abbiamo fatto una bandiera – conclude Vincenzo Ascrizzi – Cerchiamo con questi mondi un patto per il progresso, senza esitazioni o tentennamenti, forti delle nostre idee».