Monza, assolti i coniugi Meschia. A innescare l’incendio di via Grigna fu la macchina lucida scarpe

Il loro appartamento aveva preso fuoco a causa di un corto circuito, ma le fiamme avevano spezzato la felictià di una famiglia dello stesso condominio, travolta dalla morte del capofamigia, soffocato dal fumo. I coniugi Meschia, proprietari dell’appartamento sito al secondo piano della signorile palazzina di via Grigna 10, sono stati assolti ieri dall’accusa di omicidio colposo, a due anni di distanza dal tragico incendio che devastò l’intero condominio ed uccise Cesare Ubertone, 54enne ingegnere informatico.


Il loro appartamento aveva preso fuoco a causa di un corto circuito, ma le fiamme avevano spezzato la felictià di una famiglia dello stesso condominio, travolta dalla morte del capofamigia, soffocato dal fumo. I coniugi Meschia, proprietari dell’appartamento sito al secondo piano della signorile palazzina di via Grigna 10, sono stati assolti ieri dall’accusa di omicidio colposo, a due anni di distanza dal tragico incendio che devastò l’intero condominio ed uccise Cesare Ubertone, 54enne ingegnere informatico.

Era la notte tra il 14 ed il 15 giugno 2007, Paolo Meschia, chirurgo ortopedico, ha avvertito odore di bruciato provenire dalla sua camera, rassicurato da una telefonata ai pompieri, il medico e sua moglie erano andati a dormire per poi risvegliarsi alle cinque del mattino a causa del medesimo odore. Pochi attimi dopo le fiamme erano scaturite da dietro una cabina armadio della loro camera da letto.

All’arrivo dei pompieri, sul cui intervento vi furono accese polemiche, la famiglia Ubertone passava gli attimi più drammatici. Papà Cesare aveva tentato di uscire dalla porta blindata che però si era gonfiata e bloccata e per salvare sua moglie e i due figli era riuscito a portare in cucina dei cuscini impregnati di acqua, ma era troppo denso e l’ossigeno è mancato subito, tanto è che tutti hanno perso i sensi. I Vigili del Fuoco li hanno trovati così, l’uno steso accanto all’altro sul pavimento, ma per Cesare Ubertone era troppo tardi.

A innescare le fiamme a casa Meschia sarebbe stata una vecchia macchina lucida scarpe, priva di qualsiasi dispositivo di sicurezza e non collegata al salvavita, rimasta attaccata alla presa di corrente in una cabina armadio.

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