A Seregno una mostra sull’inventore della pop art (vent’anni prima)

La pop art? Ci sono voluti cinquant’anni per scoprire che Andy Warhol non aveva inventato niente. E che negli anni Cinquanta del secolo scorso c’era chi si era già ispirato ai miti della società dei comsumi. Riuscendo a trasformarli in arte. A quel tempo però nessuno era disposto a prendere seriamente in considerazione l’arte di Mimmo Rotella.
La pop art? Ci sono voluti cinquant’anni per scoprire che Andy Warhol non aveva inventato niente. E che negli anni Cinquanta del secolo scorso c’era chi si era già ispirato ai miti della società dei comsumi. Riuscendo a trasformarli in arte. A quel tempo però nessuno era disposto a prendere seriamente in considerazione l’arte di Mimmo Rotella.
E allora lui reagiva in un modo provocatorio: strappando i manifesti. “Strappare i manifesti dai muri è la sola compensazione, l’ unico mezzo per protestare contro una società che ha perso il gusto delle trasformazioni favolose”.
Nella vanitosa Roma della “dolce vita” felliniana, Mimmo Rotella in anticipo di vent’anni su Gran Bretagna e Stati Uniti già sperimentava nuovi mezzi di comunicazione che anticipano di una decina d’anni il movimento della pop art. Ma nessuno allora capiva che le sue opere erano arte. E allora lui dai muri della città eterna strappava i manifesti cinematografici e li incollava su tela, ricostruendo la pittura attraverso il materiale cartaceo.
La mostra “Ciak: Rotella”, alla Galleria civica “Ezio Mariani” (via Cavour – Seregno) dal 14 marzo al 19 aprile, ripercorre questo periodo magico di Rotella. Attraverso 13 selezionati decollages di grandissime dimensioni (150cmx200 cm) dal 1967 al 2004, mette in evidenza la febbre sperimentale che ha segnato le opere dell’artista calabrese recentemente scomparso (l’8 gennaio 2006 a 88 anni).
Con il gesto della lacerazione, Rotella altera le icone della celluloide, da Marilyn Monroe a Charlie Chaplin, da Sofia Loren a Liz Taylor, da Clark Gable a John Wayne che, come dice il fondatore del nouveau réalisme Pierre Restany, diventano “più reali del mito che incarnano, più reali della realtà che rappresentano.” Nasce così il “décollage”, un modo per definire la capacità di rigenerare e reinventare, frutto, in primo luogo, dello sguardo attento sulle “cose” del quotidiano.
“Facevamo la fame, solo qualche oste benevolo ci dava da mangiare in cambio di qualche quadro”. Così raccontava gli anni difficili, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, vissuti tra le trattorie romane intorno a Piazza del Popolo. Non immaginava certo, allora, che quella sua illuminazione (così chiamava l’idea di strappare i manifesti per strada) avrebbe portato una sua tela, nel 2003 a Londra, a superare i 600 mila euro.
La vita di Rotella rientra nella rappresentazione dell’artista dove convivono intuizione, tenacia, passione, ironia e trasgressione. Rotella eccentrico lo era davvero, tanto da essere l’ispiratore (era amico di Lucio Fulci, sceneggiatore di Steno) dell’esilarante personaggio di “Un Americano a Roma”, Nando Moriconi, interpretato da Sordi: nel ’53, appena tornato dagli Stati Uniti dove aveva frequentato l’università di Kansas City grazie a una borsa di studio, girava per Roma con cappelli vistosi, camicie coloratissime, giacche improbabili.
Queste le opere esposte: “Marylin multipla”, “Vera Cruz”, “King Creole”, “Batman”, “Diabolik”, “Arret d’autobus”, “Marylin color”, “La ciociara Sofia”, “Via col vento”, “A qualcuno piace caldo”, “Asso”, “Fronte del Porto” e, unico artypo su plastica, “Solo sotto le stelle”. La mostra, curata da Luca Tommasi, sarà inaugurata sabato 14 marzo alle ore 17. Fino a domenica 19 aprile potrà essere visitata nei seguenti orari: feriali dalle 16.30 alle 19.00, festivi dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.00. Il catalogo, in vendita a 10 euro, è edito da Silvana Editoriale.