Sentenze in pillole

5 settembre 2008 | 12:27
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Sentenze in pillole

Le dimissioni possono essere annullate in caso di incapacità di intendere o di volere, anche solo momentanea, del lavoratore (Cassazione, Sezione Lavoro, n. 7292 del 18 marzo 2008)

Le dimissioni del lavoratore costituiscono un atto unilaterale e, pertanto, trova applicazione l’art. 428 del codice civile, secondo il quale "gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati computi, possono essere annullati". Ai fini dell’annullamento delle dimissioni, è sufficiente che il lavoratore dimostri di avere subito un pregiudizio, indipendentemente dalla mala o buona fede del datore che accetta le dimissioni.

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Il licenziamento è illegittimo se non viene intimato entro il termine previsto dal CCNL di categoria (Cassazione, Sezione Lavoro, n. 7295 del 18 marzo 2008)

Se il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro prevede che il licenziamento (o altro provvedimento disciplinare) debba essere irrogato entro un termine preciso dal momento in cui il lavoratore destinatario di una contestazione disciplinare fornisce le proprie giustificazioni, tale termine deve essere rispettato. Diversamente il licenziamento è illegittimo, essendosi verificata una vera e propria decadenza in capo al datore di lavoro.

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Il demansionamento si può provare semplicemente attraverso presunzioni (Cassazione, Sezione Lavoro, n. 7871 del 26 marzo 2008)

Il danno da demansionamento può essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dalla legge e, quindi, anche attraverso presunzioni, vale a dire quelle argomentazioni mediante le quali da una determinata circostanza, già provata, si giunge a ritenere provata anche un’altra circostanza sfornita di prova. A tal fine, assumono rilievo le caratteristiche, la durata e la gravità del demansionamento, oltre alle ragionevoli aspettative di progressione professionale del lavoratore demansionato.