I Tuareg alla conquista della Brianza

18 settembre 2007 | 00:00
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I Tuareg alla conquista della Brianza

20070918_tuareg.jpgNegli spazi espositivi della Mia una tenda dove verrà offerto thè verde ai visitatori. Ci saranno anche i gioielli prodotti dalla bottega artigianale dell’argento di Agadez 

20070918_tuareg.jpgNegli spazi espositivi della Mia una tenda dove verrà offerto thè verde ai visitatori. Ci saranno anche i gioielli prodotti dalla bottega artigianale dell’argento di Agadez 

I Tuareg, sono un popolo a rischio di estinzione. «Da 10 anni si combatte nel deserto – ha raccontato Checna Amate – Stiamo girando il mondo per raccontare il nostro problema e sensibilizzare così anche i politici sulla questione, perché il nostro spazio si restringe, ogni giorno di più». Lo spazio è quello del deserto Sahariano dove il popolo nomade vive. E non si restringe per cause naturali, ma per chi vuole quelle terre per le attività estrattive. Il petrolio sembra più importante di un popolo e della sua cultura.

I Tuareg vivono in tende, e da oggi una di quelle tende è stata eretta nello spazio esterno ai padiglioni della Fiera di Monza, inserita nell’ambito della Mia. Ai visitatori viene offerto il thè verde, la tipica bevanda che si beve nel deserto, simbolo di ospitalità. In bella mostra ci saranno anche i gioielli realizzati dalla Bottega di argenteria di Agadez (Niger), la capitale dei Tuareg.

«Abbiamo forti timori e bisogno di sensibilizzazione – ha continuato Amate – La popolazione non è protetta dai rischi della attività estrattive». Amate ha sottolineato il legame tra Italia e Tuareg, parlando proprio dei romani «che sono arrivati fino alle porte del deserto» e per questo ringraziato gli organizzatori della Mia per l’opportunità offerta nel far conoscere il proprio popolo e la sua cultura. Nella "casa" dei Tuareg di Monza, ci sarà anche una mostra fotografica sullo stile di vita degli "Uomini blu", come vengono chiamati per il loro modo di vestire, perché si coprono la testa e il capo con un velo blu, la talgelmust appunto.

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Mia: internazionalizzazione e solidarietà

Un’occasione da non perdere per artigiani e imprenditori del settore del mobile. Sarà questa in sintesi la 62esima edizione della Mia, mostra mercato dell’artigianato lombardo o come spiega il presidente dell’ente Mostre Dario Visconti «un ponte per l’internazionalizzazione del settore, per promuovere i prodotti delle aziende del territorio all’estero».

Dal 22 al 30 settembre la Fiera farà spazio "Mia: internazionalizzazione e solidarietà", per ribadire come il ruolo dell’artigianato e della piccola azienda non possa più essere circoscritto a livello locale o nazionale, ma abbia bisogno di un confronto e di un’apertura verso i mercati mondiali. Un modo per salvaguardare il "made in Italy". Ma anche per aiutare concretamente qualche realtà estera. Quest’anno sarà la volta della Bottega di argenteria di Agadez, la capitale dei Tuareg, in Niger.

Come sempre Mia offrirà anche padiglioni innovativi, come la "Bottega verde", dove ci saranno oggetti d’arredamento eco-compatibili. Non mancherà la premiazione dell’ottava edizione del premio "Humanware natural inspiration", tra quanti hanno partecipato nell’edizione primaverile della fiera.{/styleboxop}

Tuareg è un nome di origine araba ed è il plurale della parola "Targi" che vuol dire "abitante della Targa", cioè del canale. Il termine ha finito però per indicare il territorio dove vivono, che comprende il Mali, il Niger, l’Algeria, la Libia, il Burkina Faso e il Ciad. I Tuareg sono raggruppati in diverse confederazioni rette da un capo e le più importanti si trovano in Algeria, Niger e Mali. La loro lingua è il berbero, ma la scrittura è ancora quella tradizionale del Nordafrica, cioè la tifinagh che discende da quella delle antiche trascrizioni libiche del primo millennio avanti Cristo. La società Tuareg è molto gerarchizzata con tre classi sociali principali. Le donne sono le depositarie della scrittura, hanno la responsabilità dell’educazione dei figli e prendono parte alle decisioni che guidano le comunità.

I contatti con il nostro paese si sono sviluppati nell’ambito delle attività svolte dall’associazione "Africa 80 chiama" che sta portando avanti un progetto, del quale un piccolo assaggio sarà dato alla Mia con la "Cucina del sole". Lo scopo è quello di costruire una cucina economica per quelle popolazioni. «Ci siamo accorti che raccoglievano gli scarti della Parigi-Dakar in lamiera e li utilizzavano come pentole – spiega il presidente dell’associazione Antonio Porro – Volevamo quindi una cucina che fosse componibile, per poterla montare e smontare facilmente, l’abbiamo realizzata e la distribuiremo, ma soprattutto vogliamo insegnare loro come costruirla così che siano autonomi».

La "cucina solare" è una specie di ventaglio in lamiera, di colore scuro perché il nero assorbe meglio il calore del sole rispetto ad altri colori, che ha un treppiede, così che la pentola possa essere orientata verso il sole. «In poco tempo raggiunge i 200 gradi centigradi» conclude Porro. Una cucina economica, che va ad energia solare ed è smontabile. L’ideale per un popolo nomade che vive nel deserto del Sahara.