C’era una volta il negozio

L'acquisto si sposta dal centro, dove sempre più spesso si trovano serrande ormai definitivamente abbassate, ai grandi centri commerciali che si trovano sulle vie d'accesso in città.


L'acquisto si sposta dal centro, dove sempre più spesso si trovano serrande ormai definitivamente abbassate, ai grandi centri commerciali che si trovano sulle vie d'accesso in città.

A passeggio per le vie del centro di Monza capita sempre più spesso di trovarsi improvvisamente di fronte a una vetrina sbarrata, dove prima si trovava un negozio noto, presente da decenni, se non da generazioni. Qualcosa che era sempre stato lì, come parte dell'architettura della città, un punto di riferimento per appuntamenti dai tempi della scuola, una presenza rassicurante nella mappa virtuale delle nostre passeggiate. All'inizio si guarda al cambiamento con curiosità. Quando però i casi si moltiplicano, come è accaduto per esempio in via Cortelonga in cui hanno chiuso quattro attività commerciali, qualche domanda sorge spontanea.

Perché capita a negozi affermati da anni? Perché in centro? Possibile che sia tutta colpa della difficoltà di parcheggio? La risposta viene da fuori città. Basta guardare in direzione Sesto, Villasanta o Cinisello, anche senza volersi spingere fino a Carugate, ed ecco la risposta, semplice quanto implacabile. La concorrenza dei centri commerciali, dove si trova un po' di tutto.  Si fa la spesa, si entra nei negozi di marca e in quelli più a portata di tasca, magari si guarda anche uno spettacolo organizzato ad hoc per i clienti. La macchina è nel parcheggio a due passi di distanza e pazienza che è forse un po' lontano da casa: i prezzi spesso sono più bassi che nei negozi in città. Non sarà come passeggiare per il centro storico, ma l'abbondanza dell'offerta e il fattore qualità/prezzo attirano sempre di più e non solo chi ha budget ristretti: qui ce n'è per tutti i gusti e tutte le tasche. E le piccole attività che caratterizzano il nostro centro? Alcune continuano a fare buoni affari, complice la posizione strategica davanti al "passeggio" cittadino, altri sono inesorabilmente soppiantati da chi applica formule diverse: l'abbigliamento economico alla moda, per esempio, o la specializzazione nel multimarchio, cioè la vendita di capi esclusivamente di marchi noti – tanti marchi – in grandi spazi per attirare una "forbice" di clienti più ampia possibile.

Le attività commerciali a Monza registrate nel 2004 sono 2.706. Di queste 1.598 con sede fissa (di cui 278 alimentari), 389 costituite da esercizi pubblici, 719 attività sinergiche al commercio (rivendite di giornali, parrucchieri ed estetisti, lavanderie-lavasecco, farmacie e distributori di carburante). I banconi ambulanti sono 591, di cui 376 alimentari e 215 di generi non alimentari. Confesercenti stima che il giro d'affari nel primo weekend di saldi a Monza sia stato di 9 milioni di euro e abbia riguardato prodotti scontati dal 30% al 50%.

Stando ai dati della Camera di Commercio di Milano il commercio al dettaglio nel territorio della Provincia ha fatto registrare nel terzo trimestre del 2006 una performance sostanzialmente positiva rispetto all'anno precedente (+0,9%). Se andiamo però ad analizzare il dato generale per tipologia distributiva, cioè distinguendo tra grande e piccola distribuzione, si nota chiaramente che il risultato è frutto del successo della grande distribuzione (+2,2%), mentre è in flessione il piccolo dettaglio (-0,5%) e quello delle medie superfici di vendita (-1,2%). L'incremento maggiore è rappresentato da ipermercati, supermercati e grandi magazzini (+2,9%).

Per quanto riguarda le categorie merceologiche, aumentano le vendite al dettaglio di prodotti alimentari (+0,7%) veicolate, anche qui, dalla grande distribuzione, e debolmente anche il comparto dei prodotti non alimentari (+0,4%), frenato dalla pesante flessione delle vendite che ha investito il settore dell'abbigliamento (-1,9%).

Sono tempi duri per il negozio sotto casa e questa tendenza è in atto ormai non solo a Monza, non solo in Italia, ma in tutti i paesi industrializzati. "Alcuni negozi che avevano risonanza in città hanno chiuso – afferma l'assessore al Commercio Alberto Palma – ma non per mancanza di parcheggio. Si è trattato di mancanza di ricambio generazionale, oggi sono poche le aziende di tipo familiare. E soprattutto c'è il problema della concorrenza della grande distribuzione. Anche volendo aprire un negozio all'interno di un centro commerciale, è richiesta una somma molto alta e a volte una percentuale sui ricavi". "D'altra parte dai nostri sondaggi – continua l'assessore – svolti nei negozi di via Italia che non fanno parte di associazioni di categoria, abbiamo verificato che il giro d'affari è leggermente aumentato. Si tratta di un aumento lieve, ma è pur sempre un dato positivo.

Per quanto riguarda le opere di riqualificazione in città, non nego che alcune realtà possano aver subito un calo di fatturato, ma questo disagio sarà largamente compensato quando l'opera sarà finita.

Niente allarmismi, dunque. Se c'è stata una contrazione delle vendite si è verificata a dicembre, ma è seguito un aumento del 20% circa delle vendite nel periodo dei saldi. In definitiva, lo stato di salute delle attività commerciali a Monza rimane cagionevole e ogni commerciante si augura che le intemperie stiano lontane. Noi come Amministrazione abbiamo realizzato il Piano Urbanistico Commerciale, che analizza l'intero commercio nel settore alimentare e non, nel territorio di Monza. È il primo realizzato in Italia in base alla legge nazionale che ne prevedeva l'adozione. È del dicembre 2004. Per quanto riguarda invece i pubblici esercizi, che costituiscono una parte del settore commerciale e sono quelli che si occupano di somministrazione di alimenti e bevande, è in via di realizzazione il piano per una pianificazione sul territorio monzese di questo tipo di attività, per far crescere il numero degli esercizi pubblici in modo armonico e compatibile con le necessità dei residenti".

Dietro le vetrine
E il parere di chi nei negozi lavora? Laura B., commessa di un negozio del centro, che ha altri punti vendita a Monza e Milano, ammette che "gli orari sono abbastanza rigidi, dalle 9.30 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.30. Lavorando per un negozio molto organizzato è così, ma è possibile che in altre realtà gli orari siano un po' più flessibili". E l'ipotesi di aperture "fuori orario"? "Sì, abbiamo provato a tenere aperto anche durante la pausa pranzo, ma non veniva molta gente. Qualche volta, poi, ci sono situazioni sgradevoli. Ultimamente è entrato in negozio un uomo completamente ubriaco, ci abbiamo messo un po' a mandarlo via, noi eravamo due donne da sole in negozio e abbiamo dovuto chiamare il responsabile di un esercizio vicino per farci aiutare". A volte invece il problema è quello della sicurezza dei pagamenti: "È capitato recentemente che sono venuti i carabinieri dicendoci che un pagamento che noi abbiamo accettato proveniva da un bancomat clonato. Non era mai successo; in quei casi c'è poco da fare". Complessivamente, però, il problema della sicurezza personale è poco avvertito da chi lavora nei negozi del centro. "Immagino che i negozi in periferia siano molto più isolati, in quel caso la situazione è diversa", commenta Laura. Il lato più difficile di questo lavoro è sicuramente il rapporto con i clienti: "Non è per niente facile mantenere la calma con alcuni, soprattutto nel periodo dei saldi, in cui la confusione è tanta. Bisogna armarsi di molta pazienza".

Fuori dalle vetrine continua il via vai di passanti carichi di sacchetti. È però in atto, ormai, per le vie della città e nei comuni della Brianza, una partita che potrebbe radicalmente modificare non solo l'aspetto, ma anche la vivibilità dei centri cittadini: se davvero il centro si spogliasse dei suoi negozi e rimanesse generoso ospite solo delle sedi di banche e assicurazioni, diminuirebbe anche il suo appeal.

A decretare la futura vittoria di un'ipotesi o dell'altra saranno alla fine i cittadini, con le loro abitudini e preferenze, ma anche con i loro ritmi di vita sempre più frenetici.

 

Per un commercio più fiorente? Cinque le difficoltà da vincere

"Cinque le grandi difficoltà che i titolari degli esercizi commerciali devono affrontare". A dirlo è Umberto Pini, Presidente dell'Unione Commercianti di Monza e Circondario. L'elevato costo degli affitti, la concorrenza della grande distribuzione, i problemi di accesso (parcheggi e viabilità), l'abusivismo e il proliferare di mercatini occasionali. "Questi i problemi che toccano quasi tutte le tipologie commerciali – commenta Pini – anche se ad essere più colpiti in questo momento storico sono il settore dell'abbigliamento e della pelletteria in favore di un aumento degli acquisti nel settore dell'elettronica e della gastronomia". È vero che, però, è difficile intervenire sui desiderata degli acquirenti. In che modo si potrebbe venire incontro alle necessità della piccola distribuzione? "È necessario che ci sia un dialogo e confronto maggiore con la pubblica amministrazione in modo che si possano capire meglio le necessità dei commercianti e attuare degli interventi ad hoc. Servirebbe una maggiore collaborazione fra associazioni di categoria e pubblica amministrazione". Presidente, il volume d'affari complessivo nel periodo natalizio ha subito variazioni importanti negli ultimi due anni? "L'ammontare complessivo del valore delle vendite nel 2006 ha fatto registrare valori simili a quelli dello stesso periodo del 2005. Ad oggi, però possiamo sottolineare che quest'anno risulta un incasso maggiore del 15%, rispetto all'anno scorso, nelle vendite durante i saldi e, dalle prime stime, si può dire che la spesa media per famiglia, durante i saldi, è di circa 350/400 euro". In una battuta, com'è la salute del commercio a Monza? "Non credo che i commercianti stiano vivendo un buon momento".

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