Cultura

Pietro Trabucchi, il suo ultimo libro: ovvero sopravvivere alla crisi della nostra società

Sarebbe affrettato e riduttivo tratteggiare l'ultimo volume di Pietro Trabucchi alla stregua di un qualsiasi self- help. Leggi perchè...

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Sarebbe affrettato e riduttivo tratteggiare l’ultimo volume di Pietro Trabucchi alla stregua di un qualsiasi self- help
L’autore, psicologo dello sporte e coach di atleti, che praticano le discipline più dure dell’universo sportivo, come l’ultramaratona, ha presentato la sua ultima fatica letteraria dal titolo: “Tecniche di resistenza interiore, come sopravvivere alla crisi della nostra società“, in una affollata conferenza stampa che si è svolta ieri sera presso la libreria Feltrinelli di Milano.

Secondo lo scrittore, di fronte ad una società depressa, apatica e svogliata, che ha perso fiducia in se stessa e nella quale prevalgono sempre più spesso solitudine e sconforto, è quanto mai opportuno richiamarsi al concetto di “resilienza”(verbo che in latino, indica la capacità del metallo di resistere alle forze centrifughe ).

Attingendo alla sua  pluridecennale esperienza di psicologo, per molti anni al seguito delle squadre nazionali di triathlon ( nelle quali il fattore mentale conta forse più che in tutte le altre discipline sportive di “endurance”) l’autore, ha più volte messo in risalto come:”la persona sempre più di frequente dimentica di disporre di risorse mentali e di requisiti interiori sulle quali fare leva nei momenti di difficoltà”.L’argomentazione di fondo, ripresa dal volume ruota intorno ad una domanda cruciale: “Come mai di fronte ad uno stesso accadimento vi sono persone che resistono dando prova di saper affrontare in maniera positiva le avversità, ed altre che invece mollano, si lasciano andare “allentando” la presa?”

A questo “curioso” interrogativo l’autore ha cercato di offrire una risposta,  citando un capitolo pubblicato all’interno del suo manoscritto dal suggestivo titolo : “la sazietà del benessere”.
Secondo alcune teorie recenti, infatti, la stagnazione dell’economia dei paesi occidentali potrebbe essere la conseguenza del prolungato benessere di cui hanno goduto le ultime generazioni. Periodi decennali di prosperità, osserva il coach “hanno disabituato la gente a lavorare duro, a rimboccarsi le maniche e a inseguire faticosamente i propri sogni”.
Il benessere, insomma impigrisce la resilienza.Secondo questo ragionamento i paesi con il più elevato tasso di crescita sono quelli nei quali si è osservata una spinta motivazionale e collettiva più accentuata.

L’Italia, purtroppo, non puo’ essere definita in questo senso un esempio da additare; e qui, il dibattito inevitabilmente, è scivolato sui mali che affliggono da tempo il nostro Paese.La cartina di tornasole può essere validamente rappresentata dal nostro sport di vertice:il calcio.Lo scarso spirito di gruppo mostrato dalla nostra nazionale ai recenti mondiali brasiliani, ha svelato un antico morbo che ha contagiato ampi settori della nostra società.Siamo diventati un paese low – coast  che ha imparato ad atterrare, ma ha dimenticato come si decolla.

Fatta eccezione per una piccola percentuale della popolazione la maggioranza di noi si è seduta; nel nostro paese solo il 3% della popolazione, secondo i dati, pubblicati dalla commissione Europea, fa regolarmente attività fisica. L’Italia è fanalino di coda, insieme a Malta, Portogallo e Bulgaria tra i paesi europei con il minor tasso di attività fisica. Secondo, l’autore è pertanto, necessario un cambio di passo, un mutamento di prospettiva; i termini fatica e disagio, a proseguito Trabucchi” insieme a certi stati dell’umore, devono essere accettati anche quando non corrispondono a quello che socialmente desideriamo. Non ci può essere benessere senza la capacità di gestire il malessere”. Bisogna imparare, e su questo dettaglio ha insistito particolarmente l’autore, a tenere presente il senso della sfida con se stessi. L’esempio è nuovamente  offerto dagli ultramaratoneti che portano a termine gare massacranti in compagnia di fatica e disagio, a cui spesso si aggiunge la disavventura di dover misurarsi con altri “inconvenienti”: come perdere la strada, patire il freddo subire i cambiamenti improvvisi del meteo. Il modo con cui ognuno di noi reagisce alle difficoltà diventa uno dei fattori psicologici chiave: le persone non sono “stressate”dagli eventi in sè, ma dalla interpretazione che ne danno. E, l’interpretazione che, quindi, orienta i nostri comportamenti. L’insegnamento finale che se ne ricava è dunque quello, che ci spinge erroneamente a pensare che la motivazione sia sempre qualcosa che arriva dall’esterno: al contrario la forma più potente di motivazione è quella intrinseca, a cui tutti posso avere accesso ponendosi le domande giuste è forse possibile “allenare” la propria resilienza.


Nel riassumere il senso del piccolo volume edito da Mondadori, l’autore suggerisce di affidarci ad una frase del rimpianto regista Stanley kubrick:  “per quanto sia vasta l’oscurità, dobbiamo procurarci da soli la nostra luce”.

 

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Scritto da Davide Novello.

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